Sopravvivenza aziende e esperienze. Petrucci:”Dimensioni e tempo determinanti”

di Ambra Drago
“Mi sono resa conto di come i clan dei Casalesi- sottolinea Federica Collucci- gip del Tribunale di Napoli-siano simili ai boss mafiosi e la Campania è simile alla Sicilia e ecco che è fondamentale l’aggressione ai patrimoni. Abbiamo il dovere con tutti gli strumenti di far vivere l’azienda. Sotto il profilo economico e giuridico per far sopravvivere l’azienda ci viene in aiuto la legge 161.
È un momento centrale la valutazione della concreta possibilità di proseguire l’azienda sotto gli oneri di organizzazione. Ma il legislatore vuole valutare la legalizzazione dell’azienda. Abbiamo aziende che sappiamo perfettamente che lavorano perché fanno affidamento su imposizione camorristiche . In Campania abbiamo tante società edile che hanno lavorato grazie alle infiltrazioni camorristiche nella politica e invece abbiamo esempi di amministrazioni che hanno incrementati gli utili. In questo ultimo caso abbiamo chiesto finanziamenti e li abbiamo ottenuti. Dobbiamo fare rete e su questo l’Agenzia Nazionale deve lavorare. Occorre una coincidenza tra l’amministratore giudiziario e l’ amministratore dell’attività e bisogna porla in una condizione competitiva di fronte ad altre aziende che funzionano come
srl di diritto privato”.
Messaggi positivi sotto il profilo degli strumenti normativi e accanto all’esperienza napoletana simile a quella palermitana del giudice delle Misure di prevenzione. 
“ Ho fatto tre anni di esperienza- sottolinea Luigi Petrucci- magistrato sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo- e posso dirvi che bisogna tenere conto del dato dimensionale. Ho avuto due imprese di medie dimensione di cui ( 1 confiscata e una restituita) poi ne ho definite due piccole con storie antiche e anche queste( una ha proseguita e una fermata) e microimprese con meno di 5 dipendenti( 3 in procedimento, 14 proseguite, 7 ferme al momento del sequestro e 9 fermate). Da questi numeri cosa emerge è che il numero di restituzione è pari al 50%. Io lo chiamo ecosistema della prevenzione ovvero il fatto di fare rete e a Palermo non l’abbiamo bene sviluppata. Soprattutto nella fase del sequestro si dovrebbero mantenere le cose ma a volte si hanno difficoltà a trovare chi fa i lavori. Un fattore decisivo è il tempo ovvero che dev’essere veloce e poi i tempi della decisione. Si dovrebbe inserire anche un tempo per il giudice delegato magari anche con il silenzio- assenzo”.
Un ruolo nel sistema di prevenzione delle imprese quello svolto dall’ amministratore giudiziario sul ruolo e sull’esperienza operativa è intervenuto Luigi Perrini.
“Quando entriamo in azienda vogliamo portarla avanti ma facciamo conto con la realtà perché magari nel frattempo le indagini non riescono a mettere in luce. La chiusura dell’ azienda a volte può essere una vittoria dello Stato e mi riferisco a un’azienda di compost. Un tecnico ambientale aveva rilevato che quell’azienda non era in grado di portare avanti quel procedimento per colpa
di macchinari obsoleti e allora ci si è chiesti “ Dove vanno a finire i rifiuti?”. Iniziammo a fare dei controlli e seguimmo il processo produttivo per poi scoprire in genere anche dei “ segreti” . Aprendo dei cassetti trovammo contratto che prevedevano la cessione gratuita di compost e abbiamo scoperto che per la cessione la società sosteneva dei costi per 360mila euro. Si è scoperto che i camion invece di scaricare i rifiuti andavano a scaricare in una cava . E abbiamo scoperto che in cinque anni l’ammontare dei ricavi un incremento del 30%. Eravamo in un’impresa no grigia ma nera. Era un impianto che andava demolita e allora a questo punto era inutile portarla avanti. Per togliere 300 mila tonnellata il prezzo oscilla tra gli 80 e i 100mila a tonnellata. Sono stato corteggiato da fornitori e clienti ma io ho chiuso”.

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