Percosse in una comunità alloggio per anziani, ai domiciliari i titolari

Sono scattati i domiciliari per Michele Riccobono e Brigida Camarda già titolari di fatto della Comunità Alloggio “Anni Azzurri”, che era stata chiusa lo scorso 8 gennaio a seguito dell’esecuzione delle misure cautelari del divieto di dimora emesse dal GIP di Palermo e eseguite dalla polizia. E’ stato ripristinato, inoltre, il divieto di dimora nei comuni di Palermo, Altofonte, Belmonte Mezzagno, Ficarazzi, Monreale, Misilmeri, Villabate e Bagheria per il figlio Edoardo Riccobono.All’indomani dell’emissione dell’originaria ordinanza applicativa di misure cautelari la Procura della Repubblica aveva proposto appello avverso il Divieto di dimora nei Comuni di Palermo, Altofonte, Belmonte Mezzagno, Ficarazzi, Monreale, Misilmeri, Villabate e Bagheria ed il Tribunale del Riesame, nel mese di Marzo, aveva accolto in parte il predetto ricorso applicando a tutti 5 cinque gli indagati la misura più grave degli arresti domiciliari: misura tuttavia sospesa dal ricorso per Cassazione presentato da 4 dei 5 indagati.

 

Rosa Bartolotta la badante notturnista, che aveva rinunciato ab origine alla sospensione dell’esecuzione, di fatto accettandone il corso, si trova già agli arresti domiciliari dallo scorso 8 Maggio.

Ieri la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dai tre indagati, facendo venire meno la “sospensiva” in corso e rendendo quindi esecutiva l’ordinanza originaria.

Per tale motivo, ultimate le operazioni di rito, i due coniugi indagati sono stati sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre nei confronti del figlio della coppia – RICCOBONO Edoardo - essendo stato respinto anche il suo ricorso, è stato ripristinato il divieto di dimora a Palermo e parte della provincia.

A tutti e tre gli indagati, inoltre, è stata notificata anche la misura interdittiva del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche.

Le indagini, coordinate dal PM D.ssa Maria Rosaria Perricone della locale Procura della Repubblica – IV Dip. “Fasce deboli”, diretto dal Procuratore Agg. Annamaria PICOZZI, hanno permesso di scoprire che all’interno della comunità tutti i degenti venivano maltrattati.

Le condotte lesive venivano soprattutto esercitate nei confronti di uno solo degli anziani, poi deceduto a seguito di un malore occorsogli all’interno della stessa struttura.

Il GIP di Palermo, peraltro, originariamente aveva riconosciuto solo quell’anziano come persona offesa nel procedimento: decisione sovvertita dal riesame che ha esteso la responsabilità degli indagati anche nei confronti di tutti gli ospiti presenti nella struttura di Via Benedetto Marcello.

Le indagini, esperite anche con l’ausilio di intercettazioni audio/video, da settembre a dicembre 2019 - hanno registrato più di 100 episodi di condotte vessatorie, denigranti, lesive della dignità umana, oltre a percosse e immobilizzazioni, tali da ingenerare nei poveri degenti uno stato di totale soggezione. In più occasioni, sono stati sedati ed imbottiti di psico-farmaci, che li mantenevano in una situazione di perenne dormiveglia.

Le tantissime condotte registrate hanno consentito di acclarare una situazione di maltrattamenti generalizzata nei confronti di tutti gli anziani ospiti, tutti beneficiari dei sussidi previsti dalla “legge 104” e quindi soggetti portatori di handicap in situazione di gravità: tale condizione ha aggravato le posizioni giudiziarie degli indagati.

L’accanimento nei confronti del povero degente, poi deceduto, era motivato dalla circostanza che lo stesso fosse ritenuto “colpevole” di eccessive doglianze per i dolori connessi al suo precario stato di salute, arrecando in tal modo “disturbo” agli altri ospiti ed agli stessi badanti/gestori.

Costantemente, ingiuriato e offeso, minacciato, sottoposto a soprusi e vessazioni di ogni genere, molto spesso veniva lasciato piangere e lamentarsi anche per ore piuttosto che essere accompagnato in bagno per effettuare i bisogni fisiologici; altre volte immobilizzato, imbavagliato e percosso.

Tutti gli altri ospiti, costretti ad assistere alle condotte lesive operate nei confronti dell’uomo, sapevano di non poter esigere più del minimo concesso.

In tal modo, era sufficiente una sola badante ogni turno per far fronte alle esigenze di 13-14 anziani, minimizzando i costi di gestione.

Oltre alla mancata assistenza dovuta all’esiguo numero di badanti, seppur in modo meno incisivo, anche altri anziani sono risultati “bersaglio” di insulti e percosse.

Tutti gli operatori all’interno della struttura, inoltre, lavoravano “in nero” e nessuno di essi era in possesso di alcuna attestazione professionale utile a svolgere tale attività.

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