La desertificazione bancaria è un fenomeno concreto e in accelerazione. Una fusione di questo tipo rischia di aggravare la situazione nelle aree interne, dove la banca non è solo un servizio, ma un presidio economico e sociale». Secondo l’Osservatorio di First Cisl, la Sicilia ha perso 470 sportelli bancari dal 2012 a oggi, pari a una contrazione del 37,3%, ben oltre la media nazionale. Province come Enna hanno visto scomparire oltre la metà delle filiali (–56%), mentre ad Agrigento, Caltanissetta, Messina e Trapani il calo ha superato il 30%. A complicare la situazione, vi è anche un evidente divario digitale: la Sicilia è al terzultimo posto a livello nazionale per utilizzo dell’internet banking, con appena il 35% della popolazione che accede ai servizi online, contro il 67% di aree come la provincia di Trento. In questo scenario, la progressiva sostituzione delle filiali fisiche con soluzioni digitali non può rappresentare una risposta sufficiente, né inclusiva.«Le nostre piccole e medie imprese hanno bisogno di banche capaci di ascoltare, valutare, affiancare. Il rischio di una concentrazione eccessiva, senza contromisure territoriali, è che le decisioni vengano prese lontano, con criteri standardizzati e senza una reale conoscenza del contesto locale. Questo – aggiunge il direttore di CONFAPI Sicilia, Carmelo Aristia – non solo penalizza le aziende, ma disincentiva anche i giovani imprenditori, sempre più costretti a spostarsi nei grandi centri urbani per trovare servizi e opportunità adeguate».
CONFAPI Sicilia riconosce il valore dei due gruppi bancari coinvolti e confida nel senso di responsabilità dimostrato nel tempo da UniCredit e Banco BPM. Se l’operazione dovesse concretizzarsi, sarà fondamentale accompagnarla con una strategia orientata alla salvaguardia del pluralismo bancario, al rafforzamento della presenza nei territori fragili e a un dialogo aperto con le rappresentanze imprenditoriali locali. Solo così sarà possibile coniugare l’efficienza industriale con l’equità territoriale.
«La sfida che ci troviamo davanti – conclude la presidente Mirabelli – non è solo rafforzare il sistema bancario italiano, ma farlo in modo giusto. Significa garantire che nessuna impresa, nessun territorio, nessuna comunità venga lasciata indietro. Confidiamo che agli obiettivi economici si accompagni una piena consapevolezza del ruolo sociale che una grande banca è chiamata a svolgere, con ogni connessa responsabilità. Ci aspettiamo che ciò si traduca in azioni concrete e verificabili: un rafforzamento della presenza operativa nei territori, un rinnovato legame con cittadini e imprese, e un sostegno reale alla crescita locale. Come sempre, non ci accontenteremo delle parole. Attendiamo segnali tangibili. Vi aspettiamo, con serietà e fiducia, al traguardo».
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