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L’endoscopia in rete: a Palermo il Corso Nazionale SIED 2025 accende il dibattito sul futuro dell’assistenza

Palermo è stata per tre giorni la capitale italiana dell’endoscopia digestiva. Ai Cantieri culturali alla Zisa si è svolto il Corso nazionale della Società italiana di endoscopia digestiva (Sied), dal titolo “L’endoscopia operativa e l’importanza dei network: dall’urgenza all’elezione nella real life”. Dal 22 al 24 ottobre, al centro dei lavori il tema della rete: come organizzare, mantenere e rendere operativi percorsi clinici e formativi capaci di superare le frammentazioni territoriali, assicurando risposte tempestive, coordinate e di qualità ai pazienti. Il presidente nazionale SIED, Giuseppe Galloro, ha aperto i lavori ricordando che il concetto di rete non è un’astrazione, ma un modello concreto di efficienza e responsabilità condivisa.
“Credo che la cosa importante sia definire cosa intendiamo per reti. A livello assistenziale significa sapere dove andare: anche se mi rivolgo a un centro che non può risolvere il mio problema, devo avere la certezza di essere indirizzato attraverso la rete verso un centro di riferimento. È questo il senso della logica hub e spoke: creare percorsi che connettono le persone e i luoghi di cura, senza dispersioni”. Galloro, da professore universitario, ha sottolineato che il concetto di rete va oltre la dimensione ospedaliera e riguarda anche la crescita professionale e la ricerca: “C’è una rete formativa, perché chi dirige un centro deve poter mandare i propri collaboratori a formarsi altrove, dove si fanno cose che nella propria struttura non si fanno. Solo così si cresce. E c’è anche una rete scientifica, che nasce dall’integrazione tra persone e centri diversi, magari appartenenti a discipline diverse, ma capaci di costruire insieme progetti di ricerca complessi e coordinati”. Dal punto di vista accademico, il presidente ha ricordato che il sistema universitario rappresenta già un modello di riferimento: “Le scuole di specializzazione, per norma ministeriale, funzionano come una rete. Ogni scuola ha centri collegati nella stessa regione e l’assistente in formazione può frequentare anche strutture esterne, se riconosciute come di riferimento. È un sistema ben strutturato. Meno definito è invece il livello assistenziale, che oggi dipende troppo spesso dalla sensibilità dei singoli direttori di unità operativa. E proprio da questa consapevolezza nasce la scelta del tema 2025. Abbiamo deciso di dedicare il corso di quest’anno al tema delle reti, a livello assistenziale, formativo e scientifico, per stimolare un confronto che possa tradursi in un modello più uniforme di collaborazione sul territorio”. A riportare il discorso sul piano locale è stato Roberto Di Mitri, direttore del corso SIED e primario dell’Unità Operativa complessa di Gastroenterologia con Endoscopia Digestiva dell’Arnas Civico Di Cristina Benfratelli di Palermo. La sua analisi ha messo a fuoco la situazione siciliana, dove le reti esistono ma con gradi di maturità diversi. “In Sicilia la rete assistenziale in gastroenterologia si è sviluppata lungo tre linee principali - ha spiegato Di Mitri -. La prima è quella delle malattie infiammatorie croniche intestinali, nata grazie al contributo di professionisti come il professor Cottone e il dottor Orlando. È una rete funzionale, che ha permesso di creare un filtro per le indicazioni alle terapie biologiche, trattamenti avanzati e costosi. Questo consente di selezionare meglio i pazienti, migliorare l’efficacia delle cure e allo stesso tempo ridurre i costi per il sistema sanitario regionale”. “Una seconda rete riguarda l’ambito epatologico, coordinata prevalentemente dal team del Policlinico Universitario di Palermo, che rappresenta un modello virtuoso di collaborazione. Ma è la terza rete, quella delle emergenze gastroenterologiche, ad affrontare oggi le maggiori difficoltà. È una rete tempo-dipendente, nata nel 2021, ma purtroppo non ancora supportata da una piattaforma informatica regionale - ha ricordato Di Mitri - . E senza un sistema telematico, una rete non può funzionare davvero. Non possiamo parlare di coordinamento se manca la possibilità di condividere in tempo reale i casi e di attivare i percorsi giusti nel momento giusto”. Di Mitri ha insistito poi sull’importanza di considerare la rete non solo come un sistema di trasferimento dei pazienti, ma come uno strumento di ottimizzazione delle competenze. “Nell’ambito delle reti - ha detto - ci si muove per ottimizzare l’assistenza e per creare eccellenza. I modelli hub e spoke servono a garantire che i casi più complessi vengano trattati nei centri con maggiore esperienza, mentre le patologie meno gravi possono essere gestite nei centri periferici. È un modo per migliorare la qualità e ridurre il sovraccarico delle strutture di riferimento - ha evidenziato -. L’endoscopia operativa, infatti, si pone oggi come una disciplina che consente di risparmiare la chirurgia in molti casi. Gestiamo con approccio endoscopico situazioni che un tempo richiedevano interventi chirurgici importanti. Penso, ad esempio, alla palliazione nelle patologie oncologiche biliopancreatiche, che oggi affrontiamo con tecniche ecoendoscopiche, oppure all’endoscopia bariatrica, che può diventare alternativa o complemento alla chirurgia. Lo stesso vale per le patologie funzionali dell’esofago, come la acalasia, che oggi trattiamo con procedure endoscopiche mini-invasive”. Di Mitri ha però denunciato una mancanza di riconoscimento istituzionale ed economico del valore di queste attività: “Nonostante l’impatto significativo in termini di efficacia clinica e risparmio per il sistema, le procedure endoscopiche non vengono ancora adeguatamente remunerate: i DRG non rispecchiano la reale complessità e il costo dei dispositivi impiegati. In Sicilia, inoltre, la carenza di posti letto dedicati alla gastroenterologia limita la possibilità di gestire in modo appropriato i casi più complessi. Attendiamo di capire se, con la nuova rete ospedaliera, verrà previsto un incremento dei posti letto di specialità. Un passaggio necessario, perché le procedure endoscopiche ad alta complessità richiedono assistenza specialistica, competenza tecnica e una gestione mirata dei pazienti nel post-intervento. Non possiamo permetterci l’improvvisazione, sicurezza e qualità si costruiscono con competenza e organizzazione", ha concluso.

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