Noi che ci occupiamo di radiodiagnostica e radio-tecnologia abbiamo delle problematiche completamente diverse da tutte le altre branche. In particolare, abbiamo l’enorme problema delle liste d’attesa perché in alcuni casi ci vogliono anni per fare determinati esami, come una risonanza magnetica». Ad esempio, i laboratori di analisi hanno il problema dei punti di accesso, dei consorzi e del raggiungimento delle 200.000 prestazioni. Situazioni che non riguardano la Diagnostica per Immagini, la quale ha invece l’onere di acquistare delle apparecchiature di nuova generazione dai costi esorbitanti (Tac, Risonanza Magnetica, Rx). «Anche la gestione delle apparecchiature è dispendiosa, a causa degli alti costi di manutenzione – chiarisce Filippo Iannelli, presidente del sindacato -. Inoltre, a questi si aggiungono i costi dell’energia elettrica e del personale (che è l’unica voce di spesa che abbiamo in comune con le altre branche)».
«Non da ultimo, abbiamo dovuto rendere accessibili al Cup le nostre agende, per prenotare gli esami in convenzione, ma dovrebbe mantenersi all’interno del nostro budget - sottolineano ancora i sindacalisti di “Assocendis - Andiar” -. Spesso purtroppo succede che il Cup prenoti gli esami anche extra budget. Inoltre, il Cup non ha un servizio di recall per la conferma degli esami, per cui quando le persone non si presentano a perderci è sempre la struttura privata convenzionata che mette a disposizione il personale qualificato».
È bene precisare, infine, che la branca della Radiologia è fortemente sottodimensionata come aggregato nella nostra Isola. «Per il futuro – afferma il sindacato - vorremmo che la nostra branca sia trattata separatamente dalle altre convenzionate, perché è quella in cui vengono eseguite la maggior parte delle 69 prestazioni critiche previste dal nomenclatore, molte delle quali sono salvavita (Tac total body, torace, addome) eseguite a pazienti oncologici».
La Sicilia ha una popolazione numericamente equivalente a quella del Veneto, eppure ai radiologi veneti spettano 125 milioni di aggregato, mentre ai siciliani vengono destinati soltanto 60 milioni. «Riteniamo che alcuni comportamenti della pubblica amministrazione siciliana siano inconcepibili, infatti, siamo ormai a dicembre e non abbiamo ancora firmato i contratti del budget per il 2025 - riferiscono i rappresentanti di “Assocendis – Andiar” –. È altrettanto inconcepibile non avere una programmazione aziendale seria e chiara su un periodo adeguato. Soprattutto, è inaccettabile che i pazienti debbano pagare le prestazioni di tasca propria perché i fondi sono mal distribuiti, impedendo ai cittadini di potersi curare». Un dato emblematico: agli ospedali vengono destinati circa l’80% dei fondi per gli esami diagnostici, ma vengono eseguite solo il 20% delle prestazioni totali. Il privato convenzionato, con appena il 20-25% dei fondi, svolge invece l’80% degli esami. «A nostro avviso – concludono – sarebbe necessario rivedere la ripartizione delle risorse, per garantire ai cittadini un accesso più adeguato alle cure».


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