Siamo in presenza ad un vero e proprio drammatico fenomeno che lascia senza parole, ma che necessita di grande attenzione affinché questi tragici eventi possano essere in tempo prevenuti.
Negli ultimi mesi altri colleghi avevano commesso il fatale gesto e come Organizzazione Sindacale abbiamo cercato di analizzare questa situazione drammatica, evitando di esprimere sin da subito la nostra opinione, perché abbiamo ritenuto che tragedie di questo genere meritano in prima istanza assoluto silenzio.
Il silenzio dell’anima come dimensione privilegiata e mezzo attraverso il quale esprimere il totale cordoglio e rispetto per il profondo dolore che i familiari hanno dovuto affrontare sin dal primo momento; privilegiare l’aspetto umano alle dichiarazioni di qualsiasi genere, lo abbiamo sempre ritenuto fondamentale, anche perché bisogna tenere conto che, in questi casi, dichiarazioni fatte a caldo rischiano di essere strumentalizzate sotto ogni aspetto.
Però la misura è ormai colma, non possiamo più stare in silenzio, la situazione sta precipitando notevolmente, bisogna accendere i riflettori su questo gravissimo problema, non può più passare inosservato il suicidio di un servitore dello Stato, e francamente rimaniamo fortemente amareggiati che la stampa giornalistica non ha, fino ad oggi, posto la giusta attenzione a questi terribili eventi.
Per quel che ci riguarda, anche se commentare e fare analisi, quando si è in presenza di un suicidio, non è per nulla facile, in quanto fatti del genere sono sempre frutto di un insieme di fattori, non ci tireremo indietro anzi faremo tutto quello che è in nostro potere per svolgere appieno il nostro dovere di rappresentanza e di tutela dei lavoratori.
La USIP in tal senso, ritenendo che sia arrivato il momento di guardare in faccia la realtà cercando di affrontare il problema con soluzioni adeguate rispetto alla vera portata del fenomeno, prende atto positivamente della recente istituzione di un Osservatorio Interforze come organismo utile a monitorare la problematica, ma allo stesso tempo pensa che il fenomeno suicidi vada affrontato andando alla radice del problema.
Se si vuole sul serio porre un freno ai suicidi tra le Forze dell’Ordine, non basta applicare preventivamente il famigerato art. 48, così, tanto per lavarsi le mani, perché paradossalmente l’applicazione del citato articolo getta ancor più nello sconforto il poliziotto che si trova in tale situazione, poiché l’iter dell’art.48 non fa altro che emarginare chi si trova in difficoltà.
Per essere molto franchi, chi fra gli appartenenti alle Forze dell’Ordine va dal medico del corpo per dire che sta attraversando un periodo particolarmente difficile o di stress?
Praticamente quasi nessuno, questo perché il poliziotto sa benissimo ciò che comporta l’applicazione dell’art.48, e cioè intraprendere un percorso difficile in cui si viene lasciati soli con il proprio problema, e peraltro se alla fine di questo periglioso percorso l’eventuale problema non si risolve, si viene a perdere lo status giuridico di appartenente alle Forze dell’Ordine, compreso quindi tutti i diritti ad esso connessi in termini retributivi e pensionistici.
Il problema sta alla fonte, il problema è normativo, in quanto bisognerebbe prevedere specifiche modifiche all’art.48 di guisa che tale norma non venga vista, dai colleghi che stanno attraversando un periodo di difficoltà, come la spada di Damocle ma al contrario come una vera e propria forma di tutela, di salvaguardia, di modo che, qualora necessiti preventivamente togliergli pistola e manette, non vengano isolati ma al contrario maggiormente compresi e accolti.
Tante possono essere le formule burocratiche, tante le soluzioni, per fare in modo che si tuteli il profilo umano e giuridico dei Poliziotti, ad esempio si potrebbe prevedere la possibilità, in questo specifico periodo, di un impiego in servizi non operativi, come sarebbe anche opportuno affidare l’idoneità dei poliziotti a medici specialisti di strutture pubbliche, uscendo così definitivamente dal circuito degli ospedali militari.
Non ci sono altre soluzioni praticabili, ben vengano gli osservatori, le commissioni, ma come organi d’ausilio non certo come soluzioni al problema.
La nostra Amministrazione deve fare necessariamente un salto di qualità, un cambio culturale che riesca a mettere al bando quell’atteggiamento inquisitorio, se non addirittura persecutorio, che spesso si registra sul territorio nei confronti del malcapitato collega che si trova in stato di difficoltà, mentre è proprio in questi casi che la ragionevolezza umana, il buon senso e finanche il dovere dovrebbe far addivenire a più miti consigli chi ha l’enorme responsabilità di gestire il personale.
Ancora aggiungiamo, ed evidenziamo, che il testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.lgs.81/08) sottolinea il ruolo di primo piano che assume il concetto di salute, intesa come “ stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.
Come si può ben comprendere un assunto di tale portata, guardando alla salute dei lavoratori in relazione ai possibili rischi psicosociali lavorativi, rimette in capo ai Dirigenti-datori di lavoro una enorme responsabilità rispetto alla salute dei propri collaboratori.
L’Unione Sindacale Italiana Poliziotti ritiene che sia arrivato il momento che l’Amministrazione si assuma le proprie responsabilità in ordine al rispetto degli aspetti normativi, che non deve semplicemente estrinsecarsi nell’avere le carte in regola ma nel tenere un atteggiamento concretamente virtuoso, mettendo al centro il rispetto della dignità umana di ogni singolo poliziotto.
Tenere un atteggiamento concretamente virtuoso, significa anche dare la possibilità al poliziotto di poter usufruire di centri d’ascolto con psicologi qualificati che siano da specifico supporto per tutti coloro che attraversano questi periodi di crisi, insomma sarebbe bene che l’Amministrazione passi dalle parole ai fatti, facendosi anche promotrice, presso le sedi politiche competenti, di specifici interventi normativi, perché invero anche le Istituzioni politiche su tutto quanto il problema hanno specifiche responsabilità.
Assistiamo giornalmente, da ogni parte politica, a continui elogi a favore delle Forze dell’Ordine ma poi concretamente ci si applica ben poco per risolvere i problemi; il nostro è un mestiere delicato, un mestiere che richiede saldezza di nervi, equilibrio, invece di fare solo propagande elettorali bisogna che la politica si soffermi sul fatto che un poliziotto non può avere il tarlo di come arrivare alla fine del mese, come non può vivere sotto costante pressione a causa di servizi d’istituto sempre più impegnativi, tenendo peraltro in conto dell’elevatissima età media che si riscontra tra il personale della Polizia di Stato; tutto questo porta inevitabilmente ad una mancanza di serenità e quindi potenzialmente anche alla perdita di quell’equilibrio che un poliziotto dovrebbe sempre avere.
Questo è ciò che la USIP ritiene utile, anzi indispensabile, per cercare d’arginare il problema.
Rimanendo quindi in attesa che la politica, quella seria non populista, faccia la sua parte, ci attendiamo nel frattempo che la nostra Amministrazione, a beneficio e garanzia dei propri dipendenti, faccia la sua di parte, nella certezza che in ogni caso la USIP rimarrà vigile e farà da sentinella per salvaguardare la dignità umana dei poliziotti che troppo spesso vengono lasciati al proprio destino.
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