Mafia a Belmonte e l'egemonia di Salvatore Tumminia. Carrozzo: "Nessuna diplomazia criminale solo violenza "

di Ambra Drago
Gli elementi ci sono tutti, dalle estorsioni, agli omicidi a quelli tentati e poi il condizionamento nell'imposizione di turni dei lavoratori forestali del distaccamento di Belmonte Mezzagno e così questa mattina alle prime luci dell'alba è scattata l'operazione da parte del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo. Sono stati arrestati Antonino Tumminia e Stefano Casella responsabili dei reati di estorsione aggravata dal metodo mafioso mentre il provvedimento di fermo da parte del pm è scattato per Salvatore Francesco Tumminia e Giuseppe Benigno, accusati di associazione mafiosa. Un duro colpo al mandamento di Belmonte Mezzagno da sempre territorio sotto l'egemonia di esponenti mafiosi del calibro di Benedetto Spera(arrestato dagli uomini della Mobile nel gennaio 2001 dopo nove anni di latitanza e vicino a Bernardo Provenzano) e per finire fino al 4 dicembre del 2018 (data dell'operazione dei carabinieri chiamata Cupola 2.0) sotto il controllo dell'ora collaboratore di giustizia Filippo Bisconti."L'arresto e praticamente l'immediata iniziativa della collaborazione di Bisconti - racconta il colonnello Mauro Carrozzo- comandante del reparto operativo dei carabinieri di Palermo- hanno determinato un cambio di gestione nella risoluzione delle controversie interne alla famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno. E' chiaro che l'assenza di fatti di sangue antecedenti all'arresto di Bisconti ci fa ritenere che le controversie prima si risolvevano con la diplomazia criminale ma già da gennaio 2019 invece si risolvevano con la violenza. Infatti il paese diventa il teatro di tre fatti di sangue. Il primo è l'omicidio di Vincenzo Greco, a maggio 2019 l'omicidio del commercialista Antonio Di Liberto e in ultimo a dicembre il tentato omicidio di Giuseppe Benigno che peraltro è stato arrestato per associazione mafiosa questa notte a Mantova a casa di un parente".

L'episodio di Benigno hanno sottolineato gli inquirenti ha posto ancor di più l'attenzione sotto il profilo della pubblica sicurezza perchè il tentato omicidio è avvenuto in pieno giorno ed in  una via del centro. E così l'intero territorio è stato posto sotto la lente di ingrandimento della Direzione Distrettuale antimafia di Palermo.
Ma l'operazione di oggi ha soprattutto colpito colui che è ritenuto al vertice della famiglia del mandamento di Belmonte Mezzagno ovvero Salvatore Francesco Tumminia.
L'arrestato di professione apparente allevatore, scarcerato nel 2015, arrestato nuovamente nell'operazione "Perseo" del 2018 e da poco tornato in libertà avrebbe secondo le classiche metodologie mafiose controllato il territorio.
Si sarebbe occupato della gestione di una controversia sorta tra alcuni sodali dopo una richiesta estorsiva ai danni di un artigiano, fratello di uno degli uomini d’onore belmontesi. Vicenda in cui sarebbero rimasti coinvolti Stefano Casella e Antonino Tumminia (entrambi destinatari della una misura cautelare in carcere).

La "vittima " dell'estorsione si sarebbe rivolta al capo famiglia affinché intervenisse per evitargli il pagamento del “pizzo” fino al potere esercitato attraverso condizionamento del corpo forestale della regione siciliana del distaccamento di Belmonte ( ovvero il Dipartimento Regionale di Sviluppo Rurale e Territoriale- Ufficio servizio per il territorio di Palermo dipendente dall'assessorato all'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca).
" Il "capo famiglia" Salvatore Francesco Tumminia- sottolinea capitano Gaetano Borgese- comandante della III sezione del Nucleo investigativo dei carabinieri di Palermo- esercitando pressioni fisiche e morali su alcuni dipendenti che avevano anche un ruolo di vertice imponeva i lavoratori stagionali e sceglieva anche la composizione delle squadre. Un modo per favorire coloro che erano più vicini a Tumminia, ricevendo quindi mansioni meno impegnative, compiti più leggeri o che comunque gli assicurasse maggiore libertà per rimanere a disposizione del "capo famiglia". Tumminia andava addirittura al cantiere della forestale e imponeva al responsabile scelte. Esercitava pressioni data la sua appartenenza al sodalizio mafioso".





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