Oggi 14 luglio la festa di SANTA ROSALIA

LA STORIA
S. Rosalia visse a Palermo tra il 1130 ed il 1170 durante il Regno di Sicilia di Guglielmo I il Malo e, secondo la tradizione, fu damigella della moglie del re, la regina Margherita.

Periodo di intensa spiritualità cristiana caratterizzato, dopo l’interruzione della dominazione araba, dal risveglio del monachesimo bizantino e occidentale accolto con entusiasmo dai re normanni.

In questo contesto Rosalia visse l’eremitaggio poiché la scelta di una vita solitaria in preghiera e contemplazione era l’espressione più alta della sensibilità religiosa di quel tempo.
LA VITA
Non si ha nessuna notizia certa, dal punto di vista storico, sulla famiglia della Santa.

La tradizione vuole che fosse figlia di nobili, discendenti da Carlo Magno, conorigine da Pipino re d’Italia, in avanti fino al conte Teodino, padre del conte Sinibaldo de’ Sinibaldi, genitore della Santa e sposo della nobildonna Maria Guiscardi.
Alla sua famiglia viene concesso da Ruggero D’Altavilla un grande possedimento alla Quisquina e il monte delle Rose in contrada Realtavilla (AG).
Padre Costantino Caetani, narra nel 1619 come Rosalia fosse stata damigella d’onore della regina Margherita, figlia del re di Navarra, moglie di Guglielmo I il Malo (1120/1166).
Si narra che, intorno ai 13/15 anni, il padre, per obbedienza al sovrano, le chiede di sposare il conte Baldovino per ricompensarlo di aver salvato la vita al re. Ne ottiene un rifiuto e la manifestazione del desiderio di lei di darsi alla vita religiosa.

Abbandona la casa paterna, accede all’ordine delle monache basiliane, sceglie la vita eremitica e vive, per circa 12 anni, presso una piccola cavità carsica che si trova ora incorporata nell’eremo a lei dedicato nel bosco della Quisquina, oltre Bivona, a mezza costa di un dirupo di circa 900 mt che domina la necropoli di Realtavilla (AG).

Ad avvalorare questa tradizione esiste una scritta, trovata il 24 agosto 1624, sulla parete destra dell’ingresso della piccola grotta: “EGO ROSALIA SINIBALDI QUISQUINE ET ROSARUM DOMINI FILIA AMORE D/NI MEI JESU CRISTI IN HOC ANTRO HABITARI DECREVI”.
Nella parte bassa della scritta, a sinistra, compare anche la cifra «12» che dovrebbe indicare gli anni in cui Rosalia visse in quel luogo.
Abbandonata la grotta della Quisquina, Rosalia torna a Palermo e si sofferma per breve tempo nella casa paterna, nel quartiere Olivella.
Successivamente si rifugia presso una grotta, ricca d’acqua, accanto ad un antico altare, prima pagano e poi dedicato alla Madonna, sul Montepellegrino da tempo immemore ritenuto un monte sacro.
Qui Rosalia visse in eremitaggio per circa 8 anni, fino alla morte.
Nell’intento quindi di perseguire il suo eremitaggio e la sua vocazione sale sul Montepellegrino, montagna sacra dei Palermitani, ove concluderà, dopo circa otto anni, la sua vita.

Molto probabilmente Rosalia nell’ultimo periodo della sua vita (forse qualche mese) si fece murare all’interno della grotta, dove poi morì il 4 di settembre. *

* Data della morte:
– giorno: è più che certo che sia pèroprio il 4 settembre
perchè è la data ricordata già dai primi anni dopo la sua morte;
- anno: nella lapide fuori dal Santuario di Montepellegrino
è scritto che morì nel 1160 ma da ricerche più recenti
sembra essere morta intorno al 1170
LA RITROVAMENTO DELLE OSSA
(Dopo oltre 450 anni dalla morte)

7 maggio 1624

A Palermo era pervenuto un vascello i cui occupanti erano portatori del virus della peste e l’epidemia si era presto diffusa in città, causando migliaia di morti.

26 Maggio 1624

Girolama La Gattuta sale sul Montepellegrino il 26 Maggio 1624, giorno di Pentecoste, per adempiere ad un voto. Beve dell’acqua che gocciolava dalla roccia e, guarita, ha la visione della Vergine Maria e di S. Rosalia.

Le viene indicato un punto preciso in fondo alla grotta dove si sarebbe trovato “un tesoro”, “una Santa” e, insistendo per alcuni giorni con alcuni parenti e frati del convento vicino, ottiene di iniziare gli scavi.

15 luglio 1624

Nel luogo indicato, sotto una grande lastra di marmo, vengono ritrovate ossa umane che emanano un intenso profumo di fiori.

Sul monte salgono molte persone, pregano, bevono l’acqua e ottengono così molte guarigioni miracolose.

Le ossa vengono pulite e portate in città nella cappella dell’Arcivescovo Giannettino Doria che vorrebbe certezza sull’autenticità dei resti.

27 luglio 1624

Rosalia viene proclamata Patrona di Palermo dal Senato della città, spinto anche dal volere popolare.

13 febbraio 1625

Il saponaro Vincenzo Bonelli*, disperato per aver perso la giovane moglie a causa della peste, si veste da cacciatore per sfuggire ai controlli imposti per motivi di sanità pubblica e, con il cane e il fucile, sale sul Montepellegrino con l’intenzione di suicidarsi gettandosi giù dalla cima.

Gli appare Rosalia col volto splendente “come un angelo” che ferma il gesto suicida, lo conduce verso la grotta e gli dice che:
deve comunicarsi e confessarsi;
deve riferire all’Arcivescovo Doria di non dubitare più dell’autenticità delle ossa trovate e di portarle in processione per la città, perché solo così sarebbe finita la peste;
sarebbe morto a breve dello stesso morbo (peste) della sua sposa;
la Madonna le aveva promesso che la peste sarebbe cessata al passaggio delle sue ossa in città al momento del canto del “Te Deum Laudamus”.

Il Bonelli viene colpito dal contagio, come la Santa gli aveva predetto, in punto di morte racconta tutto al suo confessore chiedendogli di informare subito l’Arcivescovo della visione.

(* Il Bonelli è conosciuto anche come il “cacciatore”).

22 febbraio 1625

Il Cardinale, colpito dal racconto di Vincenzo, dopo la sua morte, riconvoca la commissione dei teologi e dei medici.

Questi il 18 febbraio certificano che tra i reperti vi è un corpo “ingastato in densa pietra” ed una piccola testa, certamente di giovane donna.

Poiché si sapeva che l’unica donna vissuta sul monte era Rosalia, viene dichiarata l’autenticità dei resti trovati.

9 giugno 1625

Si svolge la processione delle ossa di S. Rosalia con la partecipazione di numerosissima gente.

Al passaggio delle ossa e precisamente al canto del “Te Deum Laudamus” gli ammalati guariscono dalla peste sotto gli occhi di tutti e il contagio si arresta.

Gli scrivani del re annotano nei registri comunali il nome, l’età, il luogo della guarigione ed ogni dato di tutte le persone guarite.

3 settembre 1625

A poco più di un anno dal ritrovamento delle ossa, si ha l’estinzione completa dell’epidemia grazie alla miracolosa intercessione di S. Rosalia e viene ripresa la pubblica circolazione di “persone, animali e mercanzie”.
In pieno medioevo, in una Corte ed un mondo aperto al sapere, nacque Rosalia, la prediletta di Ruggero e la più bella dama delle tante che arricchivano con la loro venustà il Palazzo. Eppure questa privilegiata fanciulla decise non solo di abbandonare la Corte, non solo di rifiutare un prestigioso matrimonio, ma di farsi prima monaca basiliana, mettendosi al servizio degli ultimi della terra, e poi di ritirarsi in eremitaggio, senza nulla possedere se non la sua tonaca e cibandosi del nulla che il suo rifugio le offriva.

Era il 1625, Palermo è martoriata dalla peste e la gente si affida alle sante protettricidella città e dei quattro mandamenti cittadini: Sant’Agata, Santa Cristina, Sant’Oliva e Santa Ninfa. La peste, però, continuava a mietere vittime.

Durante questa crisi, secondo la leggenda, l’allora poco nota Santa Rosalia apparve ad un saponaio di nome Vincenzo Bonello, salito su Monte Pellegrino per suicidarsi. La Santa indicò all’uomo l’ubicazione delle proprie spoglie e ingiungendo che solo se i propri resti fossero stati portati in processione la peste sarebbe terminata. E il 9 giugno del 1625 così avvenne.

Nella grotta indicata dalla visione vennero trovate 27 reliquie e il giorno 15 luglio l’arcivescovo seguito da tutto il clero, dal senato palermitano e da alcuni cittadini eminenti fece una processione attraverso le strade della città con le reliquie della santa. In pochi giorni la città venne liberata dalla peste. Dal 1625 la Chiesa autorizzò il culto, anche se Rosalia venne proclamata santa soltanto il 26 gennaio 1630.

Nel 1625 le reliquie vennero poste all’interno di uno scrigno in argento e vetro, custodito all’interno del Palazzo Arcivescovile, e dallo stesso anno vennero portate in processione per ricordare il miracolo compiuto, inaugurando una tradizione che in più di tre secoli ha subito ben poche interruzioni.

La prima celebrazione del 1625 fu particolarmente breve: le reliquie vennero spostate per pochi metri, dal Palazzo Arcivescovile fino alla cattedrale. Il percorso divenne sempre più lungo e complesso con i passare degli anni, fino a coinvolgere buona parte della città. Alla processione partecipano di diritto molte confraternite costituite nel corso dei secoli, la più antica e famosa è la Confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi, costituita nel 1635 e formata da barbieri e calzolai.

La confraternita, che prende il nome dall’abbigliamento usato durante la processione, ha il compito di trasportare l’effigie della santa che durante l’anno viene conservata nella Chiesa di Casa Professa. Tutte le confraternite dovevano portare un mantello con l’effigie della santa e grossi ceri in processione. In occasione della festa, sin dal XVII secolo, il Cassaro veniva addobbato con fastose architetture temporanee.

I quattro piccoli carri utilizzati per le prime processioni vengono sostituiti nel 1686 da un grosso carro trionfale.

Il carro, metafora del trionfo della santa, diventa ben presto il centro della celebrazione, assume subito dimensioni notevoli ed è stato più volte sostituito, nella ricerca di effetti scenografici sempre più solenni. Tra il Settecento e l’Ottocento molti famosi architetti palermitani si cimentarono nella sua progettazione.

Nel 1701 ad opera dell’architetto Paolo Amato, assunse per la prima volta la forma di vascello, idea ripresa anche in tempi moderni. Durante il periodo borbonico, fino al 1860 si mantenne a lungo il carro settecentesco, che mostrava l’opulenza della corte. In occasione dell’unificazione dell’Italia venne creato un nuovo carro, una grande vasca ornata da puttini.

Nel 1896, su ispirazione di Giuseppe Pitrè, venne costruito un carro di dimensioni tali da non potere passare attraverso le strade del centro, ma dalle vie più esterne della città. Nel 1924, in occasione del terzo centenario del ritrovamento delle reliquie, venne costruito un carro fisso con una torre centrale alta 25 metri.

La notte del 14 luglio la festa giunge al suo culmine con la solenne processione dal Palazzo dei Normanni, lungo l’antico asse viario del Cassaro fino al mare, passando attraverso Porta Felice, secondo un itinerario ideale dalla morte alla vita rappresentata dai fuochi d’artificio in riva al mare. Ai quattro canti il tradizionale grido del sindaco della città: “Viva Palermo e Santa Rosalia!”.

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