Il residence di Riina, dove ha sede l'Ordine dei giornalisti di Sicilia, il valore simbolico da fortino di mafia a presidio di memoria

 «Da bene della mafia è diventato un presidio di legalità e un luogo di recupero della memoria». Si è parlato dell’attuale sede dell’Ordine dei giornalisti Sicilia durante un convegno sui beni confiscati, organizzato a Napoli dalla Regione Campania. Due giorni di lavori cui hanno partecipato, tra gli altri, Margherita Cassano, presidente aggiunto della Cassazione, e Gian Carlo Caselli, ex procuratore di Palermo e ora presidente dell'osservatorio “Agromafie". In rappresentanza del consiglio dell’Ordine dei giornalisti Sicilia è intervenuto Franco Nicastro - già presidente dell’Odg Sicilia e già consigliere dell’Ordine nazionale - che ha tracciato il percorso che ha portato la villa di via Bernini da fortino di mafia di Totò Riina a sede dell’Ordine.
«L’Ordine dei giornalisti di Sicilia ha sede in una villa sottratta alla mafia - ha detto Nicastro nel corso del suo intervento - Non alla mafia intesa come generica associazione criminale, ma alla mafia più spietata, feroce e sanguinaria di tutti i tempi: quella di Totò Riina e dei suoi oligarchi per usare una parola oggi molto conosciuta. La villa che venne assegnata ai giornalisti fa parte del residence di via Bernini dove il capo dei capi di cosa nostra aveva trascorso con la famiglia il periodo più infernale della sua lunga latitanza. E da qui Riina era uscito in auto la mattina del 15 gennaio 1993 quando venne catturato, pochi mesi dopo le stragi del 1992».Nicastro ha parlato del «valore simbolico» dell’assegnazione di quella villa all’Ordine dei giornalisti, in un momento, a febbraio 2010, in cui lui era presidente: «Ma perché proprio la villa di Riina finì all’organo professionale dei giornalisti? La risposta si trova nei pannelli di una mostra che organizzammo in occasione della consegna nel salone di rappresentanza, ora utilizzato per le sedute, le assemblee e gli incontri allargati. Il titolo della mostra, che in quel posto è rimasta, è “Il giornalismo che non muore”. Tra i giornalisti uccisi in circostanze e motivazioni diverse ce ne sono otto siciliani. Sono morti per mano mafiosa perché cercavano e raccontavano la verità. È un dovere morale elencare i loro nomi: Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giuseppe Impastato, Giovanni Spampinato, Mario Francese, Pippo Fava, Mauro Rostagno, Beppe Alfano. Otto nomi ma in realtà i giornalisti siciliani uccisi sono nove perché occorre ricordare Maria Grazia Cutuli, assassinata in Afghanistan. Questi colleghi ci hanno consegnato un grande patrimonio morale e civile».

L’attuale disposizione della villa è stata poi oggetto di una relazione dettagliata. Gli interventi sostenuti dall’Ordine per il recupero della villa ammontano complessivamente a 218 mila e 278 euro. «Siamo grati a quei rappresentanti dello Stato - ha detto Nicastro - che hanno creduto in questo progetto, lo hanno sostenuto e continuano a considerarne l’importanza. Ma anche ai giornalisti che hanno materialmente contribuito a cambiare, in modo così straordinario, la destinazione d’uso di quella struttura e di quel residence che oggi ospita anche una caserma dei carabinieri e il centro studi intestato a Paolo Borsellino. Quando ci venne consegnata, la villa presentava carenze strutturali e ammaloramenti causati dalla chiusura durata 13 anni. C’era bisogno di una manutenzione straordinaria e interventi di recupero che sono stati organizzati subito dopo, quando presidente dell’Ordine era diventato intanto il collega Vittorio Corradino. L’Ordine si è assunto l’onere di progettare ed eseguire i lavori necessari. Oggi il contesto di quell’immobile, strutturato su due livelli, è completamente cambiato».

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