Cop28, l’Italia bocciata sulla lotta ai cambiamenti climatici. Licatini: "Troppo ambientalismo di facciata"

"È necessario dire basta all'ambientalismo di facciata cherap presenta una delle cause per le quali l'Italia è scivolata di 15 posizioni nella classifica dei Paesi che contribuiscono a diminuire l'emissione di anidride carbonica, passando dalla 29esima alla 44esima posizione. Un dato, purtroppo, negativo che ci deve rendere ancora più consapevoli dell'importante sfida che ci troviamo ad affrontare in tema di ambiente". È quanto dichiara Caterina Licatini, responsabile del dipartimento Territorio e Ambiente della Democrazia Cristiana in Sicilia, commentando i dati della Cop28, la 28esima conferenza dei 197 Paesi dell’Unione europea sui cambiamenti climatici. "Inoltre, dal punto di vista globale 14 Paesi produttori di fossili hanno dato chiara dimostrazione di come, ancora oggi, l’interesse economico voglia prevalere su quello ambientale e, quindi, su quello del nostro pianeta e di chi lo abita.
Le notevoli immissioni nell’atmosfera di anidride carbonica dovute principalmente, negli ultimi due secoli, alla combustione di fossili come carbone, petrolio e gas naturale, legati alla grande espansione economica, industriale e sociale, hanno comportato - prosegue - un innalzamento della temperatura del pianeta, con conseguente scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare, il verificarsi di fenomeni atmosferici sempre più inconsueti e violenti o siccità e desertificazione". "Lungi dal voler essere catastrofici, crediamo che la consapevolezza di tutti sia alla base per poter affrontare questa importante sfida che abbiamo il dovere di vincere e che ha bisogno di studio, ricerca, sviluppo, investimenti, accordi sociali, giustizia globale e che soprattutto non deve lasciare indietro nessuno. Non possiamo permetterci di essere fatalistici o tantomeno banali, fornendo soluzioni spesso inapplicabili. Perché è vero che dobbiamo ridurre, fino ad annullare possibilmente l’utilizzo dei fossili, ma è pur vero che ad oggi non potremmo farne a meno. Occorre ricordare che le energie rinnovabili non sono 'su richiesta', quindi non possono essere prodotte in base all’esigenza e non abbiamo infrastrutture necessarie per poter accumulare quella in surplus generata nei periodi favorevoli, come in estate per il fotovoltaico o nelle stagioni dei venti per l’eolico. E anche se lo fossero, a regime risulterebbero inadeguate per alcune attività altamente energivore come l’industria pesante". "Basta all'ambientalismo di facciata: non possiamo pensare ad idee semplicistiche come l’utilizzo a tappeto dell’auto elettrica perchè da un lato, molte persone non possono permettersela e, dall'altro, molte di queste sono alimentate con energia prodotta da fossili. Abbiamo invece bisogno di interventi concreti che - continua - realmente contribuiscano alla riduzione delle emissioni, considerando l’intero ciclo di vita e bisogna utilizzare qualunque tecnologia che permetta di decarbonizzare. Abbiamo il dovere di mettere in campo, nel più breve tempo possibile, tutte le soluzioni esistenti che siano meno inquinanti rispetto a quelle che già utilizziamo, predisponendo, nel frattempo, le infrastrutture necessarie a sostituirla con altre fonti ancora più pulite, anche grazie a nuove conoscenze e tecnologie". "Come stabilito nel Green Deal EU del 2019 abbiamo due traguardi importanti e necessari da raggiungere: la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e la neutralità entro il 2050. Abbiamo ancora diversi anni davanti, un tempo sufficientemente lungo per raggiungere gli obiettivi, senza provocare sconvolgimenti sociali ed economici. Politica, scienza, industria e società hanno il dovere di cooperare, senza alcun preconcetto o ideologismo, per trovare soluzioni accettabili, condivisibili e soprattutto al passo con i tempi", conclude Caterina Licatini.

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