Mafia: arrestato latitante

Brillante operazione della squadra mobile
Il latitante mafioso Cosimo Di Forte, condannato all'ergastolo dalla corte d'assise di Caltanissetta lo scorso 18 febbraio, e' stato arrestato dalla squadra mobile nissena a San Cataldo. Di Forte e' considerato il braccio armato della famiglia mafiosa di San Cataldo, facente capo a Dino Cali'. Il latitante e' stato fermato in casa della sua ex, Maria Carmela Castello, che e' stata arrestata per favoreggiamento.Gli agenti hanno fatto irruzione e trovato Di Forte nascosto in un incavo ricavato nel muro della cucina e chiuso con una porta a soffietto, con una scala che conduceva al piano superiore dell’appartamento. Il latitante è stato catturato e la donna arrestata per favoreggiamento.
L’uomo è accusato di associazione mafiosa, dell’omicidio di Salvatore Calì, avvenuto a San Cataldo il 27 dicembre 2012, in concorso con Diego Calì, quale mandante, Gioacchino e Salvatore Mastrosimone, quest’ultimo autore materiale del delitto. Di Forte è anche accusato del tentato omicidio di Stefano Giuseppe Mosca, avvenuto a San Cataldo il 29 novembre 2009, in concorso con Diego Calì, Salvatore Mastrosimone, Patrizio Calabrò, sul quale pende un altro mandato d’arresto, ed Enzo Mancuso.
Il latitante Cosimo Di Forte, sottrattosi alla cattura dopo la pesante condanna all’ergastolo, con isolamento diurno per 1 anno, inflittagli dalla Corte di Assise di Caltanissetta con sentenza emessa il 18 febbraio scorso. Nella stessa data, la Corte d’Assise aveva disposto il ripristino della misura cautelare della custodia in carcere, oltre che a carico di Di Forte, anche di Patrizio Calabrò. Da quella data Di Forte, braccio armato della famiglia mafiosa di sancataldese facente capo a Dino Calì, si era reso irreperibile. Sin dall’inizio delle indagini, l’attenzione investigativa si era riversata su Maria Carmela Castello perché, scartabellando tra le carte di polverosi fascicoli, gli investigatori della Mobile avevano scoperto che la donna era una ex fidanzata di Di Forte, col quale non aveva mai del tutto interrotto i rapporti. Da tempo pedinata, infatti, la donna si comportava in maniera strana; da pochi giorni, tra laltro, aveva affittato un’abitazione in via Galilei, che era stata già residenza di Di Forte; inoltre, la donna si incontrava spesso col figlio diciassettenne dell’uomo, che dunque la conosceva già da tempo. Nella serata dell’11 maggio, approfittando di una festa di paese, il latitante aveva deciso di trascorrere una serata “in famiglia”, pensando di passare inosservato alle forze dell’ordine, forte della stretta complicità della Castello, che gli aveva messo a disposizione la sua abitazione. La donna è stata fuori tutto il giorno, ma gli agenti sono rimasti pazientemente a presidiare l’abitazione ed in serata hanno visto giungere il figlio del Di Forte, che entrava nella casa per pochi minuti per poi uscirne spegnendo le luci. Dopo poco però, all’interno dell’abitazione, veniva accesa una luce, segno che vi era qualcuno che però non era entrato dal portoncino tenuto sotto osservazione dagli agenti. 
Passato un po’ ti tempo, faceva ritorno il figlio dell’arrestato con al seguito i fratelli più piccoli e poco dopo anche la Castello. Nel frattempo è sopraggiunto un dipendente di una pizzeria per la consegna delle pizze ordinate dalla Castello. A questo punto, i poliziotti decidevano di intervenire facendo irruzione nell’abitazione. Di Forte ha tentato di sfuggire all’arresto nascondendosi dentro un incavo ricavato nel muro della cucina, al primo piano della casa, strutturata su più piani, chiuso da una porta a soffietto. Aperta la porticina gli agenti hanno notato una scala poggiata al muro, che saliva fin sopra un piccolo sottotetto dove Di Forte si era rifugiato nel tentativo di scampare alle manette, ma non c’è stato nulla da fare. L’uomo è stato bloccato dagli uomini della Squadra mobile, così come la Castello, che dovà ora rispondere di favoreggiamento. Di Forte è accusato di associazione mafiosa armata e di essere il mandante (e fornitore delle armi) dell’omicidio di Salvatore Calì, avvenuto a San Cataldo il 27 dicembre 2008 in concorso con Diego Calì, oltre che del tentato omicidio di Stefano Giuseppe Mosca, avvenuto sempre a San Cataldo il 29 novembre 2009, in concorso ancora con Diego Calì.

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