MAFIA: Messina Denaro, Sedici arresti, in cella pure il nipote (TUTTI I NOMI)

ARRESTATI:Calogero Giambalvo, Ciro Carrello, Fabrizio Messina Denaro,Gaetano Corrao, Girolamo Bellomo, Giuseppe Fontana, Leonardo Cacioppo,Luciano Pasini,  Rosario Cacioppo, Ruggero Battaglia, Salvatore Circello, Salvatore Marsiglia, Salvatore Vitale, Valerio Tranchida, Vito Tummarello

Il clan Messina Denaro perde un altro pezzo. Stavolta in carcere finisce Girolamo Bellomo, 37 anni, nipote acquisito del padrino latitante. Le indagini dei carabinieri del Ros, del Comando provinciale di Trapani e della Procura di Palermo
svelano l'asse fra la mafia trapanese e le cosche di Brancaccio, corso dei Mille e Bagheria.

Il clan Messina Denaro perde un altro pezzo. Stavolta in carcere finisce Girolamo Bellomo, 37 anni, detto Luca, nipote acquisito del numero uno dei ricercati. È il marito di Lorenza Guttadauro, avvocatessa e figlia di Filippo e Rosalia Messina Denaro, sorella del latitante di Castelvetrano. Bellomo, reduce da una trasferta in Francia, è stato arrestato assieme ad altre quindici persone. Si trovava a Palermo dove vive con la moglie, in via Benedetto Marcello. Il blitz è dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, coordinati dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti Maurizio Agnello e Carlo Marzella. Che ora sperano di avere scovato, durante la perquisizione nell'abitazione di Bellomo, un indizio che porti al superlatitante.
Bellomo avrebbe aiutato il cognato, Francesco Guttadauro, e Patrizia Messina Denaro a mandare avanti gli affari della cosca. Quando nel dicembre 2013 per entrambi scattarono le manette, Bellomo si sarebbe sobbarcato il peso del lavoro sporco. Un lavoro sporco che ha consentito e consente a Matteo Messina Denaro di restare latitante, potendo contare su una fitta rete di protezione. Anche in questa operazione ci sono i segni della presenza del padrino corleonese sul territorio. Segni impalpabili rappresentati da pizzini e conversazioni via Skype.
Bellomo avrebbe contribuito a garantire ad imprese riconducibili o vicini alla famiglia mafiosa il controllo di importanti commesse edilizie. Ad esempio quelle per alcune commesse per la costruzione di un centro commerciale. Dall'operazione viene fuori lo spaccato di una mafia trapanese forte che dialoga con le cosche palermitane, in particolare con quelle di Brancaccio e Bagheria, storicamente legate al latitante che in quei territori ha trascorso alcune parentesi della sua latitanza.
Di fatto Bellomo sarebbe stato il leader di un braccio armato a disposizione di Francesco Guttadauro. Un braccio armato e pronto a tutto. Anche alla violenza. Dall'assalto ad un deposito in amministrazione giudiziaria a Campobello di Mazara alla spedizione punitiva per recuperare il bottino di una rapina. Quando c'era da fare valere il peso della famiglia mafiosa Bellomo sarebbe intervenuto alla testa di un gruppo di cui avrebbero fatto parte uomini di Corso dei Mille e Brancaccio. Tra questi Leonardo e Rosario Cacioppo, Salvatore D'Angelo e Calogero Giambalvo.
(livesicilia.it di Riccardo Lo Verso)


Un’operazione antimafia condotta dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani nei confronti del clan capeggiato dal boss Matteo Messina Denaro è in corso da stamattina. Gli investigatori stanno eseguendo 16 ordini di custodia cautelare in carcere, emessi su richiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo, per associazione di tipo mafioso, estorsione, rapina pluriaggravata, sequestro di persona ed altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini dei carabinieri hanno confermato il ruolo di vertice tuttora rivestito dal capomafia latitante nella provincia trapanese, documentandone i diversificati interessi illeciti. Sono stati accertati dagli inquirenti anche i collegamenti funzionali a progetti criminali comuni con le famiglie palermitane e, in particolare, con quella di Brancaccio guidata dai fratelli Graviano. 
"Questo è un momento di svolta nelle indagini - dice il procuratore aggiunto Teresa Principato - è emerso uno spaccato nuovo dell'organizzazione che si è sviluppata attorno al latitante. Adesso, i suoi fedeli esecutori hanno inaugurato una stagione di violenza inaudita per Castelvetrano, con pestaggi, intimidazioni e rapine cruente". 
Perché questo cambio di strategia? "Evidentemente, i fedelissimi di Messina Denaro sono in difficoltà, per le indagini sempre più pressanti nei loro confronti, e hanno la necessità di ribadire con forza la loro presenza sul territorio. Per questa ragione, si servono anche di gruppi esterni, come quello che fa capo alla cosca di Brancaccio. Il rapporto fra Trapani e Palermo c'è sempre stato, ma si era fermato al momento dell'arresto di Salvatore Lo Piccolo, nel 2007, per poi riprendere qualche anno dopo tramite il capomafia agrigentino Leo Sutera, che stava organizzando contatti con il palermitano Alessandro D'Ambrogio".
C'è anche un consigliere comunale di Castelvetrano tra gli arrestati dell'operazione "Eden 2". Si tratta di Lillo Giambalvo, che fa parte di Articolo 4, il movimento di Paolo Ruggirello. In consiglio comunale Giambalvo sedeva da pochi mesi, e anche lui, ovviamente, aveva partecipato al consiglio comunale straordinario e aperto sulla mafia a Castelvetrano di due settimane fa, quello in cui tutti i politici si erano detti scandalizzati per questo accostamento tra mafia e Castelvetrano....
Lillo Giambalvo, 41 anni, nel 2012 mancò l’elezione per un solo voto in Consiglio comunale entrò a luglio scorso perché primo dei non eletti, subentrato ad altro consigliere chiamato alla carica assessoriale. candidato con la lista di Futuro e Libertà una volta in aula ha aderito ad Articolo 4 formazione politica del deputato regionale Paolo Ruggirello. 
Giambalvo addirittura avrebbe partecipato al pestaggio per punire il ladro che aveva rubato dell’oro a casa di Giuseppe Fontana (vedi sotto). Ancora a Castelvetrano sono stati arrestati i fratelli Cacioppo, Leo e Saro, titolari di una pizzeria, far ebbero parte del nuovo braccio armato della mafia, e poi Fabrizio Messina Denaro (detto Elio), nessuna parentela col latitante, Vito Tummarello, Luciano Pasini e Giuseppe Tranchida.
L'operazione è denominata "Eden 2", perchè si tiene ad un anno di distanza dall'altra operazione "Eden", che, nella notte del 13 Dicembre, aveva portato agli arresti anche la sorella di Messina Denaro, Patrizia. Il processo è in corso a Marsala. 
Gli investigatori hanno anche ricostruito il caso del furto dei gioielli a casa di Peppe Fontana, ex ristoratore molto noto a Castelvetrano, pluripregiudicato, molto vicino ai Messina Denaro. E infatti in casa custodiva i gioielli della famiglia. Quando subisce un furto, e vengono rubati anche i gioielli della madre di Matteo Messina Denaro, il clan si attiva per trovare subito l'autore. E' l'Agosto 2013. Il pregiudicato autore del furto fu sequestrato sotto gli occhi della compagna e della figlia, rinchiuso in un casolare e massacrato a botte. Lo abbandonarono per strada in fin di vita. Un pestaggio brutale autorizzato, secondo gli inquirenti, da Girolamo Bellomo: chi aveva osato rubare a casa di uno che “si è fatto vent'anni di galera” andava punito in modo esemplare. In un'intercettazione c'è chi è stato registrato mentre diceva: “... ma gli ha fottuto 60 mila euro d’oro, alla madre di Matteo... 60 mila euro d'oro, tutto, proprio da lei, l'oro pure della signora Lucia avevano preso”. Stavano parlando della madre del latitante e di Lucia Panicola, suocera di patrizia Messina Denaro. 
Il generale Mario Parente, comandante dei Ros, commenta così l'operazione di oggi: "Il sodalizio mafioso di Messina Denaro e di Castelvetrano è sempre più in difficoltà,e per questo la loro organizzzazione oggi, per sostenere la rete e la latitanza di Messina Denaro è dedita al compimento di attività che da tempo non venivano più svolte". 
La notizia adesso è battuta dalle agenzie di stampa. Sedici ordini di custodia cautelare in carcere sono stati emessi su richiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo contro altrettanti affiliati al clan capeggiato dal boss Matteo Messina Denaro. L'operazione antimafia è condotta dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani. L'accusa è di associazione di tipo mafioso, estorsione, rapina pluriaggravata, sequestro di persona ed altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini dei carabinieri hanno confermato il ruolo di vertice tuttora rivestito dal capomafia latitante nella provincia trapanese, documentandone i diversificati interessi illeciti. Sono stati accertati dagli inquirenti anche i collegamenti funzionali a progetti criminali comuni con le famiglie palermitane e, in particolare, con quella di Brancaccio guidata dai fratelli Graviano.
Altra operazione contro il clan di Matteo Messina Denaro. Sono stati effettuati sedici arresti da parte dei ROS, il nucleo operativo speciale dei Carabinieri. A Palermo è stato arrestato nella sua residenza di Via Benedetto Marcello, Girolamo Bellomo, detto Luca, 37 anni, marito di Lorenza Guttadauro, nipote di Messina Denaro. Lei fa l'avvocato penalista, lui è un giovanissimo uomo d'affari. 
Il procuratore aggiunto Teresa Principato e i sostituti Maurizio Agnello e Carlo Marzella lo accusano di essere l'ultimo ambasciatore di Matteo Messina Denaro. A Castelvetrano, invece, 15 le persone arrestate. Vengono accusate di essere state alle dipendenze di Bellomo, per pianificare e organizzare una maxirapina nel deposito di un corriere che ha sede a Campobello di Mazara ("Ag Trasporti"), un tempo era di proprietà dei mafiosi palermitani di Brancaccio, oggi è sotto amministrazione giudiziaria: il bottino, da 100 mila euro, è servito in parte a finanziare la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Bellomo, secondo l'accusa, si era anche presentato agli imprenditori che stavano realizzando un nuovo centro commerciale a Castelvetrano, "A29", e aveva imposto le sue ditte per le forniture e i lavori.
Tanti i favoreggiatori presi. Il meccanico che controlla se nelle auto dei boss ci siano microspie. C'è il dipendente della Motorizzazione civile di Trapani che verifica le targhe sospette. C'é persino un insospettabile comparsa della soap opera della Rai "Agrodolce", girata in Sicilia: è Salvatore Lo Piparo, affiliato al clan di Bagheria, da sempre vicino a Messina Denaro. "Vi potrà sembrare strano - ha raccontato qualche settimana fa, quando ha deciso di collaborare con la giustizia dopo l'ultimo arresto - ma io ho fatto proprio la parte di un poliziotto in Agrodolce, amdate a vedere. E fui incaricato di andare a procurare delle pettorine con su scritto polizia, servivano per la rapina al corriere". Bellomo poteva contare anche su un gruppo di picchiatori, giovani della periferia palermitana, per portare a termine le sue spedizioni punitive contro criminali piccoli e grandi che si rifiutavano di obbedire al verbo della nuova mafia.
(TP24)

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