In riferimento al servizio andato in onda nell’edizione serale del Tg5 su presunti sprechi all’interno del Parlamento siciliano, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, precisa quanto segue.
“Nel mese di gennaio, il Parlamento ha tenuto 5 sedute perché, essendo stata avviata la sessione di bilancio (che dura 45 giorni), così come previsto dall’articolo 73bis del regolamento interno, a lavorare sono le Commissioni legislative. E infatti, dal 7 al 28 gennaio, le Commissioni si sono riunite 38 volte, per procedere all’esame dei disegni di legge di stabilità e di bilancio per il 2016.
Per quanto riguarda il costo del Parlamento, in questa legislatura si è passati dai 175 milioni del 2012 ai 155 di quest’anno, con una previsione di spesa di 146 nel 2018. Quindi con una riduzione di costi che si avvicinerà ai 30 milioni di euro, oltre il 16%. Sul bilancio pesano, a differenza di tutti gli altri consigli regionali dove a pagare è l’Inps, quasi 51 milioni di euro per le pensioni dei dipendenti in quiescenza e 20 milioni per i vitalizi degli ex deputati. Somme certamente maggiori delle altre Assemblee legislative per il semplice fatto che il Parlamento siciliano ha iniziato a operare dal 1947, mentre le Regioni ordinarie sono nate solamente nel 1970. Quindi mentre le altre Regioni avviavano la loro attività, in Sicilia c’era chi andava in pensione e si erano già svolte ben 8 legislature. Ecco il perché della differenza ed ecco perché se dai 155 milioni sottraiamo i 71 milioni di pensioni e vitalizi il bilancio è in linea con quello degli altri Consigli regionali.
Tutti dati, questi, che erano già stati forniti al giornalista prima della messa in onda del servizio. Perché allora un attacco così pesante alla Sicilia? Forse perché si vuole colpire il regionalismo? Inutile cercare di spiegarlo e ripeterlo. Alcune testate o alcuni editorialisti preferiscono omettere, per continuare a sostenere la propria tesi, peccando però di onestà intellettuale.
Cui prodest?, mi chiedo senza sapermi dare una risposta. E per questo mi convinco, sempre di più, senza voler generalizzare, che forse aveva ragione Mark Twain, quasi 200 anni fa, quando sosteneva che ‘il giornalista è colui che distingue il vero dal falso... e pubblica il falso’”.
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