Confisca di 200mila euro a Cutrona: "Ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Palermo Centro"

di Ambra Drago
Il 23 maggio 2016, Alessandro Cutrona, il cui patrimonio è stato colpito da un decreto di maxi confisca,  era stato arrestato nell’ambito dell’operazione della Squadra Mobile di Palermo, denominata “Maqueda”, che permise di disarticolare un gruppo "armato" che da tempo con pressioni e vessazioni terrorizzava il centro del capoluogo.

Gli arrestati, ritenuti dagli investigatori vicini alle famiglie mafiose di “Palermo Centro”, dovevano rispondere di numerosi reati, aggravati sia dal metodo mafioso che dalla discriminazione razziale.

Dopo l’esecuzione degli arresti venne fuori che le attività commerciali di Cutrona erano prive delle autorizzazioni amministrative edilizie facendo scattare dei controlli patrimoniali nei suoi confronti e del suo nucleo familiare, accertando un sproporzione tra il reddito dichiarato e quello reale. Già nell'ottobre del 2016 il suo patrimonio era stato raggiunto da un decreto di sequestro emesso dal Tribunale di Palermo-Sezione Misure di Prevenzione, oggi divenuto definitivo con il provvedimento di confisca, per un valore stimato di circa 200.000,00 euro.

Cutrona, 34 anni, attualmente si trova sottoposto alla misura della sorveglianza speciale della Polizia con obbligo di soggiorno della durata di anni 2, indiziato di appartenere all’associazione mafiosa “Cosa Nostra”.

I beni colpiti dal provvedimento sono due attività commerciali in via Calderai, la prima operante nel campo della vendita di articoli casalinghi e di ferro, la seconda adibita a posto telefonico pubblico e internet point, nonché un’autovettura.

Il trentaquattrenne annovera due condanne irrevocabili per rapina aggravata e lesioni personali in concorso (reati commessi nell’anno 2005), nonché per tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose (commessa nell’anno 2010).

Dalle sentenze richiamate è emerso come questi, unitamente ad altri complici, “si sia occupato dell’esazione, della messa a posto per conto dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, indirizzando le richieste estorsive con una chiara evocazione del sodalizio e spendendone perciò la forza di intimidazione (dato l’espresso riferimento proprio alla messa a posto di un cantiere e dei contributi per le famiglie dei detenuti".

Nessun commento:

Posta un commento