Omicidio Di Matteo. Dopo 25 anni il fratello per la prima volta alle iniziative: "Avrei preferito morire al suo posto"

di Ambra Drago 
Occhiale da sole per nascondere lo sguardo di dolore, voce rotta dall'emozione e poche e toccanti parole. Si presenta così Nicola Di Matteo, che per il primo anno ha partecipato alle iniziative nel ricordo del fratello, Giuseppe, ucciso per mano dei mafiosi (Giuseppe Monticciolo, Enzo Brusca e Vincenzo Chiodo) l'11 gennaio del 1996 dopo 779 di prigionia."Mio fratello è vivo nella memoria di tutti, ma avrei preferito morire io al suo posto. In 25 anni non ero mai riuscito ad andare nel luogo del martirio, ci sono andato poco prima di Natale ed è come se fossi tornato indietro nel tempo". A sostenerlo il sindaco di Altofonte, Angela De Luca, che ha dichiarato: "Siamo contenti di averti con noi, di poterti toccare e starti vicino. Hai una bella famiglia, dei bambini, fai parte della nostra comunità. Noi non ti abbiamo mai guardato con gli occhi della commiserazione. Abbiamo tante aspettative su di te e siamo contenti di averti con noi e per questo ti doniamo anche una targa".

La manifestazione, fortemente voluta dal 38enne e dal primo cittadino, si è svolta proprio nel paese di Altofonte, dove il 19 gennaio del 1981 era nato Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino, diventato collaboratore di giustizia. Un prezzo che l'allora capomafia di Altofonte e vicino ai corleonesi pagò con il rapimento del dodicenne. 


Il ragazzino venne rapito dal maneggio dove si allenava quotidianamente il 23 novembre 1993. Fu tratto in inganno dagli uomini (poi diventati suoi carcerieri) che vestiti da poliziotti, in particolare con indosso la pettorina della Dia, lo caricarono in auto con la promessa di portarlo dal padre, cosa che non avvenne e da li iniziò il calvario per il piccolo. Lercara, ma anche le campagne dell'agrigentino e infine il casale di contrada Giambascio a San Giuseppe Jato si trasformarono in prigioni e l'ultimo in luogo di morte.
Nella sala parrocchiale della Chiesa madre, presenti diversi sindaci del comprensorio, ma anche l'avvocato Monica Genovese, che ha rappresentato nelle diverse fasi processuali sia Nicola Di Matteo che la madre, Francesca Castellese. "Abbiamo cercato la veritá. Abbiamo fatto il processo agli esecutori materiali- continua l'avvocato Genovese- e per chi si era messo a disposizione nei vari loghi di prigionia. Abbiamo processato chi con l'inganno l'aveva rapito. In tutti questi uomini non c'é stato un briciolo di umanità. Ma dico dove erano i testimoni di questi fatti? Nessuna moglie, fidanzata o figlia si poneva delle domande su dove si recavano i mariti o i fidanzati. quotidianamente e a chi magari portavano cibo o biancheria Come é possibile che non l'abbiamo trovato?".
"Non ci sono mai state delle scuse da parte degli autori- ha concluso l'avvocato Genovese- certo non avrebbero risolto molto ma avrebbero avuto un valore simbolico.La famiglia avrebbe voluto delle scuse in sede processuale che non sono mai arrivate".
A seguire ha preso la parola in rappresentanza del presidente della Regione, l'assessore regionale all'istruzione e alla Formazione professionale, Roberto Lagalla." In certi momenti più che il tempo contingentato nel quale noi relatori interveniamo penso che occorra il silenzio. Siamo qui a ricordare il piccolo Giuseppe Di Matteo, mi chiedo ancora oggi come si fa a uccidere un bambino. Ieri guardando i miei nipoti che giocavano e preparando le carte per la lunga giornata di oggi, mi sono posto questa domanda.Ecco che diventa importante il ruolo della cultura per sconfiggere la mafia e per rendere liberi, occorre mettere in campo iniziative che non consentano di dimenticare mai il sacrificio di queste persone".
Tra le prime fila anche il presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava:"" Non stiamo parlando di cose perdute, stiamo parlando di un bambino e di un uomo che oggi avrebbe 40 anni. Ritengo che il suo omicidio é un delitto contro l'umanità. Vanno riletti gli interrogatori ai processi, i gesti automatici dei mafiosi. Ripensiamo ad esempio all' acquisto di ciò che serviva per poi liberarsi del corpo, a me ricorda l'olocausto.Se rileggete il processo di Norimberga ricorda e richiama alcune fasi che potrebbero far pensare al come è stato ucciso e il piccolo Giuseppe.La mafia non é cambiata affatto, oggi una famiglia mafiosa lo rifarebbe nuovamente .Hanno cambiato le strategie ma guai a pensare che con questa idea di mafia meno stragista si possa convivere. L'unico modo per far capire l'orrore della mafia é mostrare quello che é stato fatto. Le cose accadute avranno un senso solo se le teniamo a mente nel quotidiano e quando il nostro consenso a certe situazioni sarà venuto meno".
In collegamento telefonico si sono susseguiti gli interventi di Nicola Morra, presidente della commissiona nazionale antimafia e della senatrice Cinzia Leone, vicepresidente della commissione per il femminicidio. Impegno, ricordo e memoria che hanno trovato il fondamento in quanto affermato da Nicola Mannino, Presidente del Parlamento della Legalità internazionale : "Don Bosco diceva “per salvare la vita di un bambino striscerei con la lingua da Torino a Superga” . Una cosa che mi ha davvero colpito la presenza di questa statua qui in questo luogo e anche io dico che “striscerei non con la lingua ma con il cuore per salvare e proteggere la vita degli innocenti. Importante fare memoria – ha concluso Mannino – insieme a chi ha vissuto questi orrori. Non posso dimenticare gli anni di condivisione in giro per l’Italia con Franca Castellese, la mamma di Giuseppe. Come dimenticare quando incontrò l’arcivescovo di Monreale e gli disse “me l’hanno buttato via come un secchio d’acqua”? . Un dolore e una disperazione che non possono scomparire».«Bisogna rieducare le coscienze per riscoprire la bellezza dell’onestà.
Dietro le sbarre c’è la dignità offesa di un uomo che si è macchiato di delitti allucinanti – ha affermato Salvatore Sardisco, coordinatore nazionale ella Polizia Penitenziaria FSI USAE -, ma noi dobbiamo educare i bambini, i giovani, gli adolescenti e gli onesti a essere protagonisti di una cultura del riscatto a favore dei grandi valori della vita».Il Parlamento della Legalità, poi, ha rimesso nel luogo del martirio l’angelo in pietra lavica rivestito di porcellana che tiene un giglio". Grazie all'impegno del Parlamento per la Legalità tutte le scuole d'Italia avranno un'ora da dedicare proprio alla storia di Giuseppe Di Matteo. Sempre nel corso dell'incontro nel salone parrocchiale della Chiesa madre Santa Maria di Altofonte, sono giunti i messaggi di Monsignor Pennisi, arcivescovo di Monreale e del sindaco di Palermo e presidente dell'Anci Sicilia Leoluca Orlando. Il dibattito è stato moderato dal giornalista Pino Nazio, autore del libro “Il bambino che sognava i cavalli”. di un’ora didattica proprio per Giuseppe Di Matteo. A seguire autorità civili, militari e la cittadinanza si sono spostati nel luogo dell'omicidio , in contrada Giambascio, a San Giuseppe Jato per riporre un omaggio floreale sulla brandina del piccolo Di Matteo.
Negli anni il luogo realizzato su un luogo confiscato alla mafia, ha visto una ristrutturazione attraverso un progetto cofinanziato dall'Unione Europea, dal ministero dell'Interno, dipartimento della pubblica sicurezza attraverso i fondi FESR 2000-2006. Nel tempo diverse scuole hanno attraversato quel cancello rivivendo attraverso la brandina di ferro, il pozzo con il relativo montacarichi, i luoghi del martirio del ragazzo tanto amante dei cavalli.


Emozioni forti che fino ad oggi hanno colpito anche i ragazzi del campo estivo di Libera dedicato al ricordo di Giuseppe Di Matteo. E così ad Altofonte poco prima Caterina Pellingra, referente del presidio Libera Valle dello Jato, "Giuseppe Di Matteo" ha letto la lettera di una bambina che frequenta la scuola di Giuseppe: "Abbiamo conosciuto il Giardino della Memoria, li ci ritroviamo soprattutto d'estate. Ogni volta che mi ritrovo li insieme ai miei compagni, pensiamo che Giuseppe ci pone domande difficili, ecco noi dobbiamo riuscire ad andare oltre ed a capire perchè esiste la mafia. La stessa che si approfitta della debolezza degli uomini fragili. Giuseppe raccontiamo la tua storia per cercare di vivere con rettitudine".Nell'ultima tappa della giornata gli insegnanti e gli alunni coinvolti nel capo estivo di Libera dedicata a Giuseppe Di Matteo hanno raggiunto la piazza Falcone e Borsellino di San Giuseppe Jato per scoprire insieme al commissario Salvatore Graziano, una mattonella commemorativa.

L'attuale commissario del paese, nominato dal Presidente della Regione, Musumeci e in carica da novembre 2020 ha dichiarato: " Questi momenti non devono essere solo un mero ricordo ma devono guidare le attuali e future generazioni, Non so quanto rimarrò in carica ma devo dire che la collaborazione con i cittadini è stata sempre proficua".
 

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