di Fabrizio Gaetano Verruso
Sotto il cielo plumbeo di Palermo, con il caldo sahariano che alita le passeggiate del centro storico, soffia in scena il vento gelido di Trieste, città di provenienza dei due protagonisti. Bravi e intensi nell'interpretare la crisi d'una coppia, le dinamiche che sembrano un cliché quando finisce un amore. Nella raccolta e gradevole cornice del Teatro alla Guilla di Palermo, a due passi dalla Cattedrale, va in scena "L'amore non è un orso" di e con Giustina Testa (che ne cura anche la regia) e con Lorenzo Zuffi. Uno spettacolo non convenzionale, dove il pubblico già dopo il botteghino trova posto in due distinte sezioni a seconda delle risposte date a un breve questionario somministrato sotto l'ebbrezza d'un calice di vino offerto dalla produzione.Tante "sensibilità" di animali per decidere già prima che inizi lo spettacolo da che parte stare con gli attori che andranno in scena. Se si è lepre o tartaruga, se in una situazione difficile si preferisce stare con un'aquila o con un elefante, tutto fa la differenza in questa rappresentazione un pò "sliding door".
Il pubblico è infatti coinvolto dal palco con delle telefonate dei protagonisti, desiderosi di capire se prendere il coraggio d'un toro o soffrire come un cane nello svolgersi della crisi. Se a una reazione del partner reagire urticante come una medusa o sornione come un gatto. Il mondo di queste emozioni sembra quasi uno zoo. E il genere umano sembra d'altronde non essere meno in queste dinamiche dell'amore. Tra "sarcasmo e attese vane", accusa lei, che inizia ad amare lui come una tartaruga - è il caso di dire - un poco alla volta, lo conosce e via via se innamora. E smette di amarlo quando lo conosce davvero! E allora i musi, il broncio reciproco, le accuse l'un l'altra, i silenzi, la rabbia. In un dialogo che scompone la magia di un amore ormai svanito eppure sembra qua e là ricomporre le tessere di questa storia che sembra nondimeno giunta al capolinea. O forse no, come nell'impressione di chi scrive (e a dispetto della stessa autrice). Perché una voce dal pubblico può forse fare ancora la differenza? E i personaggi paiono quasi volenterosi in alcuni passaggi a volersi rendere ancora complici di una ritrovata intesa. Buffamente giocano tra loro, giungendo anche a una psicoterapia che con tenerezza prova quasi a fare l'amore con le parole, interrogando sé stessi nell'ascoltare l'altro. E tutto questo non è affatto "banane! Ma... no, banale!".
Forse un gorilla ingabbiato vuol essere liberato dalle sue paure nevrotiche per ritrovare la giungla delle emozioni vere. Il teatro alla Guilla ieri è parso essere davvero il luogo dove l'incanto della zattera d'un palcoscenico incontra il pubblico che entusiasta applaude.
Nessuno dei due personaggi è come prima e mai allo stesso modo in "L'amore non è un orso". Dapprima, d'altronde, a detta degli stessi interpreti, l'amore era un orsetto, un peluche da regalare all'amata e adesso la fine di questa relazione si pone talvolta con l'avidità di una locusta.
Ma il mood dello spettacolo di ieri, nella cronaca di quanto andato in scena tra ironia e malinconia, tra non-sense e lucidissime argomentazioni di spietata ragione, è un pubblico che, divertito e insieme riflessivo, s'intrattiene volentieri con l'amalbilità di questa coppia artistica che piace e a cui promette di fare ritorno.
Nessun commento:
Posta un commento