Eternit, processo d'appello: 18 anni a Schmidheiny



Una sentenza storica, destinata a influenzare tutti gli altri processi per disastro ambientale, secondo le parti civili e il magistrato che avviò l'inchiesta Eternit: Stephan Schmidheiny, il magnate svizzero che dirigeva l'azienda accusata di aver continuato per anni a produrre pannelli di cemento e amianto, quando ben noti erano i pericoli per la salute, è stato condannato in appello a diciotto anni di carcere. In primo grado erano sedici anni. 
L'altro imputato, il barone belga Louis De Cartier, è nel frattempo deceduto. 
Il verdetto d'appello estende la condanna di primo grado anche per i risarcimenti: più di trenta milioni al comune di Casale Monferrato, e una ventina alla Regione Piemonte, che li userà per completare le bonifiche. 

Il magnate, che resta per ora libero in Svizzera, non ha parlato, ma il suo avvocato ha definito "scandalosa" la sentenza, che ha tra l'altro esteso la responsabilità del manager anche ai morti degli stabilimenti di Bagnoli e Rubiera. Questa sentenza riguarda la morte di circa duecento lavoratori: altri casi sono oggetto del processo Eternit-bis, per il quale si è prossimi alla chiusura delle indagini.

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