Risarcimenti degli incidenti degli "spaccaossa" nelle casse di Cosa nostra ma anche il business della droga: 9 fermi

di Ambra Drago
"Abbiamo eseguito nove fermi - sottolinea Rodolfo Ruperti- Capo della Squadra Mobile -su indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Palermo assestando un duro colpo al mandamento di Brancaccio dove alcune piazze di spaccio venivano direttamente gestite dagli appartenenti di Cosa nostra e infatti vengono contestate le aggravanti dell'appartenenza in particolare a due soggetti all'organizzazione.Oltre a questo abbiamo messo in evidenza il loro ruolo in quella che era l'attività soprannominata "Spaccaossa" e abbiamo raggiunto dei risultati  che hanno toccato vari step. Dapprima abbiamo fermato queste persone ( le operazioni risalgono all'aprile 2018 e agosto 2019)molte violente che fratturavano le ossa fino a provocarne in qualche caso la morte e oggi abbiamo compreso come anche questo business non era sfuggito a Cosa nostra che lo alimentava e cercava di trarne profitto. Abbiamo messo in campo attività investigative pure che successivamente agli arresti degli "spaccaossa" si sono arrichite di propalazione di soggetti che erano coinvolti e in qualche caso ne erano vittime".


I nove fermati, tutti già sottoposti alla misura della Sorveglianza Speciale ( e per questo gli è stata contestata anche l'aggravante di aver commesso reati in quel periodo) dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, autoriciclaggio e danneggiamento fraudolenti di beni assicurati e in un caso anche di estorsione.
La droga era un business imminente e redditizio. "Loro trattavano dalla cocaina al crack- racconta Gianfranco Minissale- dirigente della sezione contrasto alla criminalità organizzata della Squadra Mobile di Palermo-    e più volte anche grazie al nostro lavoro sul territorio e i tanti sequestri, erano rimasti accorto di sostanze stupefacenti. Hanno tentato di supplire questa deficienza a volte tagliando più volte la sostanza in possesso ma chiaramente il mercato ha le sue regole  e questa roba restava invenduta. Da qui la necessità di trovare ulteriori fornitori".
In particolare nell'operazione di oggi  tra gli elementi di spicco  vi sono certamente i fratelli Michele e Stefano Marino, con precedenti penali, appartenenti alla famiglia di Corso dei Mille e quella di Roccella. Questi non solo avevano interessi nello spaccio (principalmente di cocaina ma anche hashish e crack e gestivano i soldi devoluti al mantenimento dei familiari dei detenuti) ma avevano interesse anche nel così detto business delle truffe assicurative. I fratelli si impossessavano della polizza, talvolta estorcendola con metodo mafioso e poi ne delegavano la gestione a Massimiliano Vultaggio e Michele Caltabellotta poi ad avvenuta liquidazione incassavano il denaro. 
Nel meccanismo degli "spaccaossa" le vittime, spesso facenti parte di contesti degradati venivano già individuate dalle due organizzazioni base, poi pur di ottenere del denaro ( la promessa del premio era del 30 per cento) si sottoponevano a violenze fisiche di ogni genere ( rottura di arti ) ma alla fine  non venivano remunerate anzi i soldi andavano a confluire in alcuni casi nelle casse di Cosa nostra.
"Viene fuori questa ulteriore immagine di un'organizzazione criminale che  specula sui disagi delle persone- sottolinea il Questore di Palermo, Renato Cortese, e se ancora ce ne fosse di bisogno sul fatto che ci possa esser ancora  del consenso sociale nei confronti di questi soggetti bisogna invece davvero riflettere.Sono persone che non hanno nessun tipo di ritegno e il messaggio che viene fuori è che sono uomini del disonore. Questa indagine è bella dal nostro punto di vista perché evidenzia che siamo sempre sul territorio pronti a frenare il fenomeno mafioso ma la narrazione che viene fuori è che sono uomini, anche per la crisi a cui lo Stato li ha ridimensionati che si attaccano a qualsiasi cosa pur di guadagnare speculando sui disagi e sulle fragilità degli uomini".
Inoltre durante l'operazione antimafia sono stati sequestrati dei beni immobili, tra cui una villa a Ficarazzi intestata a Nicolò Giustiniani oltre ad alcuni veicoli per un valore di 300,000 euro.
Durante le indagini gli uomini della prima sezione della mobile guidati dal dirigente Gianfranco Minissale avrebbero scoperto anche l'ottenimento del "Reddito di cittadinanza" da parte di diverse persone. In particolare la moglie di Stefano Marino ( a cui insieme al fratello viene contestata l'associazione mafiosa) avrebbe percepito 500 euro al mese. E poi Giustiniani che al momento della cattura, raccontano gli investigatori, avrebbe gettato dal balcone 8000 euro, percepiva 900 euro. Mentre Pietro Di Paola ben 780 euro e Ficarotta, anche lui fermato oggi, 600 euro al mese. Infine Angelo Mangano, unico non sottoposto in precedenza alla misura della Sorveglianza speciale avrebbe intascato 1.300 euro.

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