Colpito il mandamento di Belmonte Mezzagno. I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno arrestato Antonino Tumminia e Stefano Casella, dovranno rispondere del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso mentre sono scattati i fermi per Salvatore Francesco Tumminia( ritenuto al vertice della famiglia mafiosa del territorio) e Giuseppe Benigno.Si tratta di indagini che si sono susseguite dopo l'operazione Cupola 2.0 che a dicembre del 2018 aveva ricostruito le dinamiche all'interno dei mandamenti di Misilmeri e Belmonte Mezzagno.
Un territorio pieno di fibrillazioni, come sottolineano gli investigatori e una prima avvisaglia era giunta con il tentato omicidio nei confronti di un lavoratore dei campi, Vincenzo Greco. A maggio dello scorso anno, il commercialista Antonio Di Liberto venne freddato da una scarica di proiettili, ma non solo, il 2 dicembre due sicari, a bordo di uno scooter esplodevano contro Giuseppe Benigno ben 9 colpi d’arma da fuoco. L'obiettivo fallì, infatti Benigno riuscì a raggiungere l'ospedale Civico di Palermo e a salvarsi.
Le attività di indagini,sottolineano dal Comando provinciale di Palermo, hanno consentito, in tempi brevi, di ricostruire parte dell’organigramma della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno individuando l’uomo che ne avrebbe assunto il vertice in Salvatore Francesco Tumminia , da poco tornato in libertà dopo essere stato condannato per associazione mafiosa a nell' operazione Perseo (16 dicembre 2008).
Salvatore Francesco Tumminia secondo gli investigatori avrebbe ccentrato il potere nelle proprie mani gestendo il settore delle estorsioni, infiltrandosi nelle istituzioni sane della città e ponendosi quale punto di riferimento per i propri sodali e per i propri concittadini per la risoluzione delle problematiche più svariate.
Salvatore Francesco Tumminia secondo gli investigatori avrebbe ccentrato il potere nelle proprie mani gestendo il settore delle estorsioni, infiltrandosi nelle istituzioni sane della città e ponendosi quale punto di riferimento per i propri sodali e per i propri concittadini per la risoluzione delle problematiche più svariate.
Tra gli episodi ricostruiti dagli uomini dell'Arma.
- la richiesta, formulata da un avvocato penalista al capo famiglia, di intervenire per fargli riscuotere un credito che da anni vantava nei riguardi di uno dei suoi assistiti;
- la gestione di una controversia sorta tra alcuni sodali a seguito di una richiesta estorsiva formulata nei riguardi di un artigiano, fratello di uno degli uomini d’onore belmontesi. Le intercettazioni avrebbero emergere le lamentele dell’artigiano che, dopo aver raccontato al fratello di aver ricevuto un pizzino contenente la pretesa estorsiva e le connesse minacce di morte e del coinvolgimento in tale vicenda di Stefano Casella e Antonino Tumminia (entrambi destinatari della una misura cautelare in carcere), si rivolgeva al capo famiglia affinché intervenisse per evitargli il pagamento del “pizzo”;
- il condizionamento del corpo forestale della regione siciliana di Belmonte da parte di Tumminia, che avrebbe disposto autonomamente i turni degli operai stagionali e organizzava a piacimento le squadre di lavoro, favorendo i dipendenti a lui vicini. L’ingerenza era tale che nel paese si era diffusa la convinzione che l’unico modo per ottenere un contratto stagionale fosse quello di parlarne direttamente con Tumminia, il quale continuano gli investigatori, si vantava delle minacce fatte nei confronti dei dirigenti dell’ufficio locale non collaborativi.
Fra i fermati vi è anche Giuseppe Benigno che nei giorni successivi al tentativo di omicidio in suo danno, era fuggito trovando rifugio presso alcuni parenti a Piubega, comune in provincia di Mantova, dove è stato rintracciato dai militari. Le indagini hanno documentato come Begnigno fosse un soggetto interno alla famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno che operava in contatto con i vertici del mandamento e della famiglia mafiosa facente capo a Salvatore Francesco Tumminia e come sottolineano gli investigatori prima con Filippo Bisconti agevolando la commissione dei reati di estorsione, aiutando i sodali nel controllo del territorio, agevolando i contatti e gli incontri con gli appartenenti alle varie famiglie mafiose, nonché avrebbe svolto un ruolo di pacere delle problematiche interne all’associazione.
- la richiesta, formulata da un avvocato penalista al capo famiglia, di intervenire per fargli riscuotere un credito che da anni vantava nei riguardi di uno dei suoi assistiti;
- la gestione di una controversia sorta tra alcuni sodali a seguito di una richiesta estorsiva formulata nei riguardi di un artigiano, fratello di uno degli uomini d’onore belmontesi. Le intercettazioni avrebbero emergere le lamentele dell’artigiano che, dopo aver raccontato al fratello di aver ricevuto un pizzino contenente la pretesa estorsiva e le connesse minacce di morte e del coinvolgimento in tale vicenda di Stefano Casella e Antonino Tumminia (entrambi destinatari della una misura cautelare in carcere), si rivolgeva al capo famiglia affinché intervenisse per evitargli il pagamento del “pizzo”;
- il condizionamento del corpo forestale della regione siciliana di Belmonte da parte di Tumminia, che avrebbe disposto autonomamente i turni degli operai stagionali e organizzava a piacimento le squadre di lavoro, favorendo i dipendenti a lui vicini. L’ingerenza era tale che nel paese si era diffusa la convinzione che l’unico modo per ottenere un contratto stagionale fosse quello di parlarne direttamente con Tumminia, il quale continuano gli investigatori, si vantava delle minacce fatte nei confronti dei dirigenti dell’ufficio locale non collaborativi.
Fra i fermati vi è anche Giuseppe Benigno che nei giorni successivi al tentativo di omicidio in suo danno, era fuggito trovando rifugio presso alcuni parenti a Piubega, comune in provincia di Mantova, dove è stato rintracciato dai militari. Le indagini hanno documentato come Begnigno fosse un soggetto interno alla famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno che operava in contatto con i vertici del mandamento e della famiglia mafiosa facente capo a Salvatore Francesco Tumminia e come sottolineano gli investigatori prima con Filippo Bisconti agevolando la commissione dei reati di estorsione, aiutando i sodali nel controllo del territorio, agevolando i contatti e gli incontri con gli appartenenti alle varie famiglie mafiose, nonché avrebbe svolto un ruolo di pacere delle problematiche interne all’associazione.
Nessun commento:
Posta un commento