Confisca di beni per 18 milioni di euro al "re delle cave" Giuseppe Bordonaro ritenuto vicino a Cosa nostra

di Ambra Drago
Confiscati beni immobili e rapporti finanziari (già sequestrati nel febbraio 2011 e nell'ottobre 2017) all'imprenditore Giuseppe Bordonaro, 61enne, che opera nel settore delle cave e dei materiali inerti per l’edilizia. Durante le indagini Giuseppe Bordonaro sarebbe emerso come "collettore"di interessi mafiosi nell’aggiudicazione di appalti, subappalti e contratti di fornitura nella provincia di Palermo. Già nell’ottobre del 1997, Bordonaro veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, per concorso in associazione mafiosa e turbativa d’asta aggravata dalle modalità mafiose e successivamente condannato con sentenza definitiva dalla Corte d’Appello di Palermo a 4 anni e 6 mesi di reclusione.Nel corso del processo, le testimonianze di alcuni collaboratori come Calogero Ganci, Salvatore Cancemi, Giovanni Brusca ed Angelo Siino avrebbero indicato come, a partire dalla fine degli anni ’80, l’impresa di materiale inerte intestata a Salvatore Bordonaro, padre di Giuseppe, fosse stata sistematicamente favorita da esponenti di vertice di Cosa nostra nell’affidamento della fornitura di calcestruzzo per imprese aggiudicatarie di appalti pubblici.In cambio, come  sarebbe accaduto nel caso della costruzione della nuova Pretura a Palerm,- sottolineano dal Comando Operativo della Dia di Palermo-Giuseppe Bordonaro  avrebbe fatto recapitare recapitare 50 milioni di lire a Raffaele Ganci, esponente di rilievo di una storica famiglia mafiosa del quartiere Noce di Palermo. Angelo Siino, invece, avrebbe rivelato di aver “consigliato” l’impresa del Bordonaro con riferimento agli appalti per la realizzazione del deposito Amat di via Roccazzo e del velodromo dello Zen.


Nel corso del procedimento di prevenzione, i collaboratori di giustizia Maurizio Spataro, Giusto Di Natale, Mario Di Natale, Calogero Ganci, Angelo Siino e Francesco Franzese avrebbero sottolineato invece come Giuseppe Bordonaro fosse subentrato, di fatto, già dalla metà degli anni ’80, unitamente ai fratelli Pietro, 58enne, e Benito, 55enne, nella gestione delle aziende che continuavano, solo formalmente, ad essere intestate al padre Salvatore (morto nel 2005), non più in grado di dirigerle per motivi di salute.
 Così la Dia ha proceduto alla confisca dei beni intestati o sostanzialmente riconducibili a Giuseppe Bordonaro, basandosi su accertamenti patrimoniali avvenuti in  un arco di tempo che si estende dal 1980 al 2010 dove sarebbe emersa una differenza tra quanto dichiarato e quanto investito dalle società. Elementi che hanno trovato il sostegno da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale che ha quindi valutato gli elementi raccolti come indicatori dell’origine illecita dei capitali utilizzati
In particolare passano definitivamente allo Stato, beni stimati in oltre 18 milioni di euro e nello specifico:
- l’intero capitale sociale e il relativo compendio aziendale di 4 società di capitali, tra cui la “Cava Bordonaro s.r.l.”, attive nel settore dell’edilizia;
- quote sociali di 1 società di capitali operante nel settore delle costruzioni edilizie;
- 19 immobili, costituiti da due ville, uffici, appartamenti, box, magazzini e terreni ubicati in Palermo e Roccamena (PA);
- 2 autovetture e 1 motociclo, nonché la somma ricavata dalla vendita di un’imbarcazione da diporto a motore;
- 13 conti correnti bancari, 12 quote di partecipazione a fondi comuni d’investimento, 10 polizze vita, 2 conti di deposito a risparmio, 2 depositi titoli a custodia, 1 libretto nominativo ordinario, 1 prodotto finanziario ed altri rapporti bancari intrattenuti presso istituti di credito ed altri intermediari.
Con lo stesso decreto il Tribunale ha disposto il dissequestro di alcuni immobili, risultati in successione, nonché di quote di capitale sociale, autovetture ed altri immobili.

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