A piazzetta Bagnasco il ritratto dell'uomo e del procuratore capo Costa a 40 anni dal suo omicidio

di Ambra Drago
La figura dell'uomo e del magistrato, il procuratore capo di Palermo Gaetano Costa è stata tratteggiata a lungo anche dal figlio Michele che ne ha raccontato l'integrità morale e gli aspetti professionali in anni dove la parola mafia in molti ambienti non veniva pronunciata, in un lungo dibattito che si è tenuto a piazzetta Bagnasco.
Il procuratore Costa, laureatosi in giurisprudenza a Palermo, dopo aver vinto il concorso in magistratura divenne un partigiano. Successivamente il suo impegno in magistratura vide prima di approdare nel capoluogo, una lunga carriera prima come sostituto e poi come procuratore capo a Caltanissetta dove era nato.
Giunto a Palermo nel palazzo di piazza Vittorio Emanuele Orlando, si racconta che non trovò un ambiente facile ma lui determinato e conoscitore sia della mafia dei pascoli che delle sue evoluzioni iniziò (portando tutto a conoscenza sempre alle alte autorità giudiziarie compreso il Csm come raccontato dal figlio del giudice, Michele Costa) le inchieste che lo videro firmatario della richiesta di cattura del boss Rosario Spatola. Anni complessi e una solitudine che gli costò la vita nella sua continua lotta contro la criminalità organizzata il 6 agosto del 1980 quando venne ucciso mentre passeggiava tra le bancarelle di libri in via Cavour. La caratura di questo uomo legato alle istituzioni è stata portata a conoscenza di una platea attenta che ha riempito le sedie della centralissima piazzetta, il tutto completato dai racconti di giornalisti che hanno vissuto gli anni della "guerra di mafia" dove le cronache raccontavano un morto al giorno. Ecco che si sono susseguiti gli aneddoti raccontati da Felice Cavallaro corrispondente per anni del Corriere della Sera, Angelo Mangano del Tg5 e poi Lillo Miceli giornalista responsabile dell'ufficio stampa dell'Assemblea regionale siciliana e il giornalista per anni di cronaca giudiziaria per La Repubblica sede di Palermo, Franco Viviano. Il tutto arricchito dall'intervento dello storico Giuseppe Carlo Marino.All'incontro hanno assistito giornalisti, rappresentanti del mondo culturale e artistico come il maestro Pippo Madè e istituzioni ( in prima fila era presente il questore di Palermo, Renato Cortese) ma anche semplici cittadini.

Una piazza di cui ormai da due anni si sono riappropriati i palermitani per vivere qualche ora di svago.
"L'associazione Piazzetta Bagnasco, sottolinea il suo presidente Donato Didonna, può essere considerata una buona azione di partneriato tra pubblico e privato. Due anni fa qui avevamo un grande problema, c'erano i lavori di rifacimento della pavimentazione e sappiamo bene come funzione ovvero il loro inizio ma non si sa mai la data di scadenza per cui le attività avevano sofferto molto. E' nata così una collaborazione con l'amministrazione per risolvere insieme le problematiche di carattere pubblico, sanitario. E quindi da un lato i privati si sono presi carico di determinate cose dall'altro il pubblico, ad esempio la Rap ha istituito un'isola ecologica mobile che ha consentito di risolvere i problema dei rifiuti. Noi da parte nostra abbiamo l'unico titolare del reddito di cittadinanza che fa una cosa socialmente utile che ci aiuta a tenere sistemata e pulita la piazza. Questo è lo spirito. In una città che ha una forte tradizione degli anni di un perseguimento dell'interesse personale contro quello pubblico questa invece rappresenta il contrario. Due anni fa la piazza si spopolava oggi la teniamo con eventi tutto il mese di agosto e perché no fino a novembre".
Al ricco dibattito, dove gli onori di casa sono stati fatti dall'avvocato DiDonna, presidente dell'associazione Piazzetta Bagnasco, ha partecipato anche Carmine Mancuso ( figlio di Lenin ucciso insieme al giudice Terranova il 25 settembre 1979) e attuale presidente dell'associazione per onorare la memoria dei Caduti vittime della mafia.
"Noi siamo presenti perchè questo momento di confronto serve a dimostrare come la mafia non vincerà mai perchè fin quando la gente democraticamente ne parlerà senza timore e dirà no all' illegalità in ogni sua forma ( mafia politica, economica) vorrà dire che questo fenomeno prima o poi verrà abbattuto e ciò sarà possibile anche se le nuove generazioni seguiranno i nostri esempi".

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