Caso Shalabayeva, interrogazione dei parlamentari M5S riaccende i riflettori su una storia ancora da chiarire

di Ambra Drago
ll caso Shalabayeva si sposta dalle aule giudiziarie al Parlamento. Quattro deputati del Movimento Cinque Stelle hanno presentato un’interrogazione ai ministri dell’Interno, della Giustizia e degli Esteri, chiedendo di conoscere ufficialmente la figura di Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako, attualmente ancora ricercato e marito di Alma Shalabayeva espulsa dall’Italia nel maggio 2013 insieme a sua figlia e per il quale è stato celebrato un processo di primo grado a Perugia dal quale sono scaturite ben sette condanne.Nel documento a prima firma Caterina Licatini si chiede quando Mukhtar Ablyazov avrebbe soggiornato sul territorio italiano e se nel 2013 avesse titolo per farlo. I deputati hanno anche chiesto se il governo disponga di elementi, per quanto di competenza, sulla dinamica che gli avrebbe consentito di eludere l'arresto da parte delle autorita' italiane e se risultino richieste di congelamento o confisca sul territorio italiano di beni a lui riconducibili anche tramite intestazioni fittizie nonche' quante condanne risultino attualmente a suo carico.
L’interrogazione tende a chiarire i dubbi sull’espulsione della donna e la figlia Alua di sei anni, avvenuta il 31 maggio 2013, non credibilmente riconducibile a un “sequestro di persona” e a un “rapimento di Stato” così come sostenuto nella sentenza di primo grado (14 ottobre 2020) e come riportato nelle 283 pagine di motivazioni (depositate il 14 gennaio 2021). L’ atto parlamentare intende fugare ogni dubbio su quanto avvenuto dal 28 al 31 maggio 2013 a Roma e nella villa di Casal Palocco dove si sarebbe dovuto trovare il latitante che era il reale obiettivo ( così come dichiarato più volte dall’ex questore di Palermo durante il suo interrogatorio).
Ablyazov, laureato in fisica, ministro dell’energia, poi banchiere, dissidente al regime del presidente Nursultan Nazarbaev e rifugiato politico in fuga da un regime dittatoriale. Tre giorni prima dell'espulsione della moglie Alma Shalabayeva, sarebbe giunta a tutte le sezioni Interpol una nota che segnalava una “red notice” ( avvisi che consentono alla polizia dei paesi membri di condividere informazioni critiche relative alla criminalità) a suo carico come persona da ricercare perchè colpita da provvedimenti giudiziari emessi da un Paese membro dell'organismo internazionale Interpol per truffe reati fiscali e altri delitti della stessa natura.

Ablyazov era dunque già considerato pericoloso dall’Interpol, un latitante accusato di bancarotta fraudolenta e di appropriazione indebita per circa 6 miliardi di dollari. Quest’ultimo dettaglio di natura finanziaria è emerso da un’inchiesta dell’Espresso del 28 febbraio per cui sarebbero numerose le decisioni dei tribunali britannici nei confronti di Ablyazov. Era il 2009 quando la banca statale kazaka Bta (fallita) lo accusava di essersi appropriato di questi soldi e di averli fatti sparire attraverso delle società offshore. Il dissidente kazako negò i fatti contestati e venne condannato a 22 mesi di carcere facendo di fatto decadere la concessione dell’ asilo politico in Inghilterra. Il provvedimento di revoca dello status di rifugiato è stato formalizzato solo nel 2014.

Di tutto questo il tribunale di Perugia non avrebbe tenuto conto incentrando il giudizio sul fatto che Alma Shalabayeva non poteva essere espulsa perchè il marito aveva ottenuto nel 2011 lo status di rifugiato. Nessun accertamento con la Gran Bretagna su chi era realmente Ablyazov e che aveva perso lo status di rifugiato. La Shalabayeva avrebbe prodotto durante la perquisizione un passaporto centroafricano con un nome falso: Alma Ayan. Condotta al Cie per l’identificazione e la verifica del documento, avrebbe continuato a nascondere la sua reale identità.

Il decreto di espulsione é stato emesso dalla Procura di Roma il 31 maggio e la donna insieme alla figlia sono state accompagnate a Ciampino per essere imbarcate su un aereo per Astana noleggiato dalle autorità kazake.
Sempre nell’inchiesta de L’Espresso viene messo in evidenza come solo all’ultimo gli avvocati italiani della donna dichiararono la sua reale identità, ovvero che si trattava della moglie del latitante Ablyazov e avrebbero richiesto di non mandarla in patria.

Di fronte a questa storia una cosa è certa al momento per la vicenda sono stati condannati un giudice di pace e sei poliziotti. Tra cui due dei più bravi investigatori italiani, l’ex capo della Squadra Mobile e ex Questore di Palermo, Renato Cortese(tanti gli arresti eccellenti di latitanti come quello di Bernardo Provenzano, avvenuto 11 aprile 2006 a Montagna dei Cavalli ) e l’allora responsabile dell’ufficio immigrazione della questura di Roma, Maurizio Improta, che sono stati condannati anche a risarcire i danni morali subiti dai familiari della Shalabayeva e del marito.

Oggi Alma Shalabayeva e sua figlia Alua sono tornate in Italia ed è stato riconosciuto loro l’asilo politico.
L’interrogazione dei parlamentari pentastellati vuole richiamare l’attenzione su questa vicenda puntando sull’ambiguità del personaggio Ablyazov. Il dissidente kazako, dopo esser scappato da Roma (eludendo l’arresto della polizia italiana) è stato catturato in Francia dove ha trascorso tre anni in carcere. E dopo la scarcerazione, dal 5 ottobre nuovamente arrestato è stato sottoposto a sorveglianza giudiziaria a Parigi dove è in attesa di un processo.

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