Enza Nardi: A scuola “Senza volto”

Cari lettori,
si dice spesso che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Forse mai come in questo momento non può essere ridotta solo ad una frase fatta. I nostri occhi da oltre un anno sono stati investiti di un compito importante nella figura della nostra persona. Ovviamente non intendo il fatto che sono fondamentali per farci vedere e osservare ciò che esiste intorno a noi. Una fortuna che ci è stata donata per godere delle bellezze paesaggistiche e ancor più per renderci autonomi nell’esercizio della vita quotidiana. Questo è scontato. Da quando il Covid-19 ha fatto ingresso nelle vite di tutti noi, i nostri volti sono costretti ad essere “nascosti” da fredde mascherine. Inutile dire che seppure odiose è necessario metterle. Ne va della nostra vita e di quella altrui. La conseguenza che ne deriva è che ci ha reso tutti uguali. Volti bianchi, azzurri, rosa o neri, ma tutti uguali. La continua presenza delle mascherine, inibisce la libera espressività e la piena socializzazione. Soprattutto determinando effetti negativi nella crescita di bambine e bambini, ragazze e ragazzi. L’espressione facciale è fondamentale per far comprendere a pieno quanto si vuole dire. Un sopracciglio sollevato o un sorriso disteso valgono più di mille parole, perché operano sulla dimensione emotiva. Ecco che allora i nostri occhi fanno la differenza tra tutti i volti nascosti. Soprattutto in una “scuola in presenza”, che ormai chiamerei scuola in maschera”. Una scuola “analogica” in cui tutta la comunicazione di tipo relazionale ed emotiva passa per lo più per le espressioni facciali. Le mascherine le hanno soppresse. Ancora una volta ritorno a parlare della mia professione che mi ha messo faccia a faccia con questo problema.
Il nemico numero uno, mi ha fatto conoscere, e continua a farlo, tutti i disagi che bambini, genitori e docenti viviamo tra le mura della scuola. Quest'anno mi sono state assegnate una classe quinta e due prime. Ovviamente il disagio di trovarsi davanti degli insegnati senza volto è per tutti, in particolar modo per i più piccoli, un vero disagio. L’ingresso alla scuola primaria già di per sé fa un po’ paura e carica di ansia sia i piccoli che gli adulti. Quest’anno la situazione a causa del Covid-19 è ancora più pesante. L’ansia dei genitori che affidano i propri bambini alle maestre è apparsa ancora più evidente. Prima le mani dei papà e delle mamme lasciavano quelle dei propri figli nelle mani delle maestre che accoglievano le giovani leve con un sorriso o un abbraccio. Da ormai più di un anno, lo fanno con grande fatica. Sono costretti a consegnare i propri figli a docenti senza volto e senza braccia. Uno scenario che lascia inquietudine nei cuori di genitori alle prime esperienze. I bambini si ritrovano catapultati in una scuola, dove la sola cosa che vedono sono occhi che cercano di accarezzarli. Quest’anno nell’accogliere i miei piccoli alunni, ho dovuto attuare regole imposte dall’emergenza Covid-19 che mi hanno fatto stringere il cuore. Barbata con mascherina e visiera protettiva mi sono ritrovata di fronte piccole anime indifese e insicure a cui non ho potuto dare quel sostegno di cui avevano bisogno. Non ho potuto donare loro una carezza, un sorriso, un abbraccio. Mi è stata data neanche la possibilità di asciugare una lacrima. Non ho potuto distrarli con il canto di una canzoncina insieme o prenderli per qualche istante in braccio. Gesti adottati da sempre, grazie ai quali i bambini si sentono rassicurati e voluti bene. Apparentemente quelli che per noi sono scontati, per loro sono di fondamentale importanza. Nella delicata fase di ambientamento, non è mai solo il singolo bambino ad ambientarsi nel nuovo contesto, ma è il gruppo. In genere il modo per aiutarli ad integrarsi è quello di organizzare giochi di squadra, raggruppamenti, condivisione di attrezzi didattici. Anche in questo caso le regole anti Covid-19 hanno vietato tutto ciò. Non è stato possibile neanche predisporre un ambiente di apprendimento accogliente, stimolante e in grado di far emergere le potenzialità di ogni singolo bambino. Gli spazi si sono ridotti notevolmente per garantire le distanze di sicurezza tra un bambino e l’altro. Pertanto gli ambienti che prima erano dedicati al momento creativo, alla pittura, all’informatica o alla visione di un cartone animato, sono stati soppressi per farne nuove aule di studio.
Tutto ciò ha reso impossibile occuparsi dei bambini in modo globale e attento per rafforzargli il senso di sicurezza. Soprattutto per quei bambini timidi o riluttanti a lasciare i genitori. Con l'arrivo del Covid-19 è stato necessario “inventare” nuovi metodi per far passare la “paura” del primo giorno o del primo incontro e farli sentire a casa. Nessuna ricetta magica. Pochi i mezzi e gli strumenti. Ecco che gli occhi hanno fatto la loro parte. Una gran parte. Attraverso essi ho potuto comunicare con loro in modo empatico. Il primo passo per cercare di colmare più lacune possibili è stato quello di alleviare l’ansia in classe, creando un clima disteso e rilassato in ogni momento. Il bambino doveva sentirsi più possibile a proprio agio. Sono anche ricorsa alla mimica per comunicare con i miei piccoli interlocutori, facendola passare per gioco. Così facendo l’anno scolastico in corso ha visto comunque piccoli protagonisti affrontare il mondo scolastico nel migliore dei modi. Sono certa che al termine della loro prima esperienza gli alunni, ma anche i genitori, gireranno la prima pagina del loro libro di vita scolastica portando con sé un buon ricordo. Pronti a scrivere la prossima.

 

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