“Cimbalu d’amuri”, il nuovo album dell’Arianna Art Ensemble pubblicato dall'etichetta Almendra Music

Anche in Sicilia, nel
diciassettesimo secolo, la musica veniva usata a scopo terapeutico, come terapia per il tarantismo, rito religioso che permetteva, attraverso musiche e danze, di guarire i disturbi provocati dal morso di un pericoloso ragno velenoso. Nasce proprio da questa antichissima usanza, di cui parla il monaco Athanasius Kircher nel suo trattato Magnes sive de arte magnetica (Roma 1641), il nuovo disco dell’Arianna Art Ensemble intitolato “Cimbalu d’amuri”, prodotto dall’etichetta Almendra Music, in uscita il 15 giugno nel formato fisico e in tutte le piattaforme digitali (tra cui Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Music, YouTube Music e Bandcamp).
L’Arianna Art Ensemble, composto da Paolo Rigano alla chitarra barocca, Cinzia Guarino al clavicembalo, Debora Troìa alla voce, Silvio Natoli alla tiorba e colascione, Matteo Rabolini e Giuseppe Valguarnera alle percussioni, dal 2007 è impegnato nella promozione e nella valorizzazione della musica barocca.

L'idea di “Cimbalu d’amuri” nasce dalla tarantella Stu petto è fatto cimbalu d'amuri, della quale il gesuita tedesco Athanasius Kircher parla nel suo trattato sul tarantismo.“Tutto è nato quando un giorno mi sono imbattuto nella scoperta di questa interessantissima tarantella, composta su un’ottava siciliana”, spiega Paolo Rigano, liutista dell’Arianna Art Ensemble.

“Questa tarantella parla di un amante non corrisposto, che identifica le sue pene d'amore con il cimbalu, il clavicembalo, e in particolare con le parti che compongono lo strumento, come tasti, corde, rosa e martelli– prosegue Rigano- questo raro esempio di musica siciliana presenta caratteristiche popolari come il testo in dialetto e il ritmo di tarantella, ma lo strumento protagonista è il clavicembalo, sicuramente più adatto ad un contesto di musica colta, uno strumento presente nei palazzi nobiliari e ben conosciuto in tutte le sue parti da chi ha scritto la tarantella.

Poco ci è stato tramandato attraverso la notazione musicale, ma da quanto emerge da una consistente documentazione dell'epoca, pare che le arie-canzuni siciliane fossero molto apprezzate in tutta Italia per le dolci melodie, le armonie ardite e per la bellezza dei versi, alcuni frutto della penna di famosi poeti”,conclude il musicista.

Il disco, la cui uscita sarà accompagnata anche da quella dell'omonimo videoclip, nel canale YouTube e sui canali social dell'ensemble, vede al suo interno altri nove brani dedicati alla musica che echeggiava per strade e vicoli delle città siciliane nel XVI° e XVII° secolo.

Si tratta di brani della tradizione siciliana e brani spagnoli.La presenza spagnola in Sicilia durata più di due secoli ha lasciato, infatti, nell'identità culturale isolana un segno evidente anche dopo la fine della dominazione.

Per questo l'ensemble ha scelto danze spagnole e tonos humanos, musica vocale profana spagnola, già in origine composte per chitarra solista e per chitarra e voce, affiancate a danze e arie siciliane, nelle quali la chitarra ha un ruolo centrale sia per l'accompagnamento della voce che come strumento solista.

Nei brani d'insieme, compaiono anche strumenti come il colascione, la tiorba, il clavicembalo e le percussioni, anch'essi molto usati a quel tempo in queste aree geografiche e in questi repertori.

Punti di riferimento per i brani d’origine siciliana sono state le testimonianze di illustri etnomusicologi, che hanno permesso di tramandare parte dell'immenso patrimonio storico musicale dell'isola.

Tra gli autori dei brani spagnoli compaiono Santiago de Murcia, José Marìn e Antonio de Santa Cruz.

“Il disco indaga anche la presenza della chitarra barocca in Sicilia. Una testimonianza interessante è l’inventario degli strumenti presenti nella bottega del liutaio palermitano Paolo Cullaro, avvenuto dopo la sua morte, nel 1618– spiega Paolo Rigano - l’inventario enumerava, infatti, all'interno del suo laboratorio di liuteria, ottantuno chitarre tra strumenti pronti o in lavorazione”.

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