Palermo Festa dell’Unità - Milena Gentile parla di donne dell’Afganistan e di casa nostra

Alla Festa dell’Unità si parla di femminicidi e il ruolo della donna nell’idea di sviluppo del Paese. Ma anche di marginalità delle donne nelle istituzioni e nei ruoli apicali della società, analizzando quanto succede in Italia fino a dare uno sguardo a quello che sta accadendo in Afghanistan e alle responsabilità dell’Occidente. Sarà questo il tema a centro dell’incontro, intitolato “La questione di genere da casa nostra all’Afghanistan”, che si svolgerà a Palermo mercoledì 29 settembre, alle 19, a Villa Filippina, in piazza San Francesco Di Paola, 18, in occasione della Festa dell’Unità, organizzata dalla Federazione provinciale del Partito Democratico di Palermo. Il tavolo tematico è organizzato da Milena Gentile, Consigliera comunale di Palermo e Responsabile del Dipartimento regionale Pari Opportunità e Politiche di Genere del PD Sicilia, e da Adriana Palmeri, Segretaria del Circolo Pd dell’VIII Circoscrizione. I temi che si affronteranno prenderanno avvio da una riflessione sui tanti femminicidi che ancora dominano le cronache del nostro Paese, con un netto incremento nei mesi trascorsi in Lockdown. Eppure, le leggi ci sono, ma evidentemente non funzionano abbastanza. Delle possibili strategie parlerà l’avvocata del Centro di Consulenza Legale dell’Udi di Palermo, Elvira Rotigliano. Tiziana Calabrese, Francesca Cicero ed Emilio Corrao racconteranno le iniziative contro la violenza messe in campo dal PD cittadino e dai circoli territoriali insieme alle associazioni per diffondere il numero di emergenza 1522 e per contrastare gli stereotipi culturali alla radice della violenza contro le donne. Enza Malatino, psichiatra che lavora da anni al carcere dell’Ucciardone e al Poliambulatorio di Lampedusa, parlerà invece delle nuove schiavitù e della condizione delle donne immigrate. Vincenzo Provenzano, professore di economia all’Università di Palermo, affronterà il tema più scottante del momento, la situazione geopolitica in Afghanistan e la condizione delle donne al ritorno dei talebani. Si continuerà a parlare di Afghanistan anche con la Vice Ministra degli Esteri Marina Sereni e con l’Eurodeputata Caterina Chinnici, intervistate dal giornalista Gianfranco D’Anna. “Potere per la gran parte di noi donne è un verbo. Accedere alle stanze dei bottoni, avere una relazione con un uomo, studiare, lavorare significa per noi potere incidere nella società con la nostra visione, potere dare e ricevere amore, potere coltivare le nostre passioni, potere realizzare i nostri obiettivi e l’autonomia delle scelte. Per molti uomini potere è un sostantivo, è il potere. Dalla politica alle relazioni sentimentali – afferma Milena Gentile – i rapporti di potere regolano gli equilibri, limitano l’autodeterminazione e la libertà delle donne, muovono le scelte, anche quelle relazionali. Questo approccio, prevalentemente maschile, è purtroppo dominante nel nostro patrimonio culturale e permea la nostra vita, fino ad arrivare a concepire la relazione con una donna come mero possesso, dominio e controllo. Così come permea la politica, dove è costante la marginalizzazione delle donne che non sono espressione esse stesse del potere maschile. Vittima e carnefice sono facce di una stessa medaglia. Il numero dei femminicidi e le denunce per violenze domestiche dimostrano che ancora siamo intrisi di cultura patriarcale, di pregiudizi, di stereotipi, che assimiliamo, donne e uomini, sin dalla più tenera età e tutte e tutti ne siamo portatori più o meno consapevoli. Oggi assistiamo sgomenti alle accorate richieste di aiuto delle donne afgane che per venti anni si sono illuse di avere conquistato l’autodeterminazione, la libertà di potere studiare, di fare sport agonistici, di coltivare musica e arte, di ricoprire cariche pubbliche. Ma se a casa nostra – conclude Milena Gentile – ovvero in un paese che dovrebbe essere tra i più avanzati e civili, c’è ancora una grande resistenza alla libertà e all’autonomia delle donne e alla rappresentanza politica paritaria, il ritorno dei talebani in Afghanistan è la dimostrazione plastica che le conquiste dei diritti sociali e umani sono fragili e che non possiamo permetterci di fermarci per non correre il rischio di perdere tutto. In Afghanistan ma anche a casa nostra.”

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