Ballarò

di Giuseppe La Manna
Ballarò è l’unico vero mercato di Palermo. Gli altri mercati sono scomparsi. Del mercato della Vuccirìa è rimasto solo il famoso quadro di Guttuso. “Quannu si asciucanu i balati ra Vuccirìa” diceva un vecchio detto palermitano. E’ arrivato anche questo momento. Le balate si sono asciugate perché i venditori di frutta e verdura, i pescivendoli, che c’erano una volta, non le possono bagnare più con le loro attività commerciali. Tutto finisce, tutto cambia. Adesso la Vuccirìa non è più un mercato dove andare a fare la spesa, rallegrati dal vocìo della gente e dai “putiara” (negozianti) che “abbanniavano”.
Cioè gridavano e con passione invitavano i passanti a comprare la loro merce: “pisci vivi, cacuocciuli regalati”. Si può entrare nel mercato di Ballarò da tante parti. Dall’arco di Cutò in Via Maqueda, dal Corso Tukory, o altre strade e stradine. Il mercato è grande. Io di solito preferisco entrare da Corso Tukory e lo attraverso tutto soffermandomi un po' qua, un po' là. E’ tutto uno spettacolo. Mi colpiscono le luci abbaglianti dei pescivendoli, le voci dei passanti, i volti arabi di Sicilia. Nel nostro DNA c’è un po' di oriente. Nel nostro sangue c’è il sangue di tutti i popoli che sono passati dalla Sicilia: francesi, spagnoli, normanni, ecc. tutti ci hanno lasciato qualcosa oltre al patrimonio artistico e culturale. Mi faccio spazio tra la gente, cercando di mantenere il giusto distanziamento, per quanto sia possibile, in questo periodo di pandemia. Sento parlare in cinese, due donne parlano in nigeriano tra di loro e in dialetto palermitano con il fruttivendolo. Andiamo a fare la spesa a Ballarò, compriamo frutta e verdura, carne o pesce e nello stesso tempo facciamo un percorso dove le pietre parlano di storia. Le belle cupole delle chiese che emergono tra un ombrellone e l’altro. Casa Professa a due passi dal mercato, ma anche la bellissima cupola della chiesa Madonna del Camine. I Centri commerciali, hanno contribuito a distruggere i mercati palermitani, ma con loro scompare una parte di noi, della nostra storia, della nostra tradizione. I volti dei turisti che visitano Ballarò sono gioiosi nel vedere i banchi dei pescivendoli illuminati da grandi lampade. Sono felici di guardare “u stigghiularu” che si intravede in mezzo al fumo delle sue stigghiole. La salsiccia e i capretti appesi dai macellai. Li vedo che fotografano e fanno video, si portano a casa il ricordo, il profumo dell’aria e l’allegria dei palermitani. I turisti ancora sono pochi, anzi pochissimi. Aspettiamo tempi migliori per poter circolare in piena libertà, per socializzare senza dover mostrare autorizzazioni sanitarie, senza portare mascherine e senza bisogno di mantenere le distanze. Aspettiamo tempi migliori per vivere.

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