Rosa Guagliardo «Pretendiamo la verità sulla strage di via d’Amelio»

Si è svolto ieri 19 luglio alle 16:30, di fronte al Palazzo di Giustizia di Palermo, un flashmob ideato e organizzato da Rosa Guagliardo. Obiettivo primario dell’iniziativa è stato quello di esprimere solidarietà e vicinanza a Lucia, Manfredi e Fiammetta, figli del dottor Paolo Borsellino che trovò la morte, assieme a Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina, nella tragica strage di via d’Amelio occorsa trent’anni fa.
«Abbiamo scelto un “altrove” in cui commemorare i nostri morti – dichiara Rosa Guagliardo - un luogo simbolico, perché Borsellino e i suoi uomini svolgevano il loro lavoro proprio nelle stanze del Palazzo che è alle nostre spalle, quel Palazzo definito dallo stesso Borsellino “nido di vipere”, e perché proprio nelle Procure e nei Tribunali, da parte di servitori dello Stato, si è omesso e depistato e non si è fatto, fino in fondo, il proprio dovere, non si è messa in pratica quella grande lezione che ci è stata trasmessa sia da Falcone sia da Borsellino”.
«Oggi abbiamo tutti – continua Rosa Guagliardo – una maggiore consapevolezza su quanto sia successo, che un servitore dello Stato come Borsellino sia rimasto al proprio posto svolgendo il proprio dovere anche dopo la strage di Capaci, che è stato accompagnato, sino all’ultimo respiro, da quel manipolo di donne e uomini che furono definiti “gli angeli di Borsellino” che per primi credevano in lui e nel suo operato, che Borsellino, come era successo a Falcone, è stato osteggiato, isolato e consegnato alla mano armata della mafia, che l’accertamento della verità giudiziaria sulla strage non è stato raggiunto e, forse, non lo sarà mai. I figli del dottor Borsellino sono stati isolati, non si sono mai prese in seria considerazione le loro testimonianze sin dall’immediatezza della strage, si stravolgono le loro parole, come troppo spesso succede con quanto dichiarò Agnese Borsellino quando, davanti ai pubblici ministeri di Caltanissetta titolari della nuova inchiesta sulla strage di via D'Amelio, nell'agosto 2009 e nel gennaio 2010 nei due verbali d'interrogatorio, disse: “Ricordo perfettamente che il sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini, senza essere seguiti dalla scorta. Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere”.
«Ora – prosegue Rosa Guagliardo – è il momento che lo Stato, le sue istituzioni e la stampa, si assumano la responsabilità di ristabilire e scrivere la verità storica sulla strage di via d’Amelio, perché questa non serve solo alla famiglia ma a noi tutti, cittadine e cittadini di questa città e di questo Paese, al fine di poter essere credibili nelle nostre azioni e manifestazioni antimafia, poter parlare a testa alta di legalità con i giovani, per poter ancora credere in uno Stato e al fatto che possa, finalmente, generare gli anticorpi necessari alle logiche di corruzione, mafiosità e collusione. Siamo qua, e non in via d’Amelio perché condividiamo il pensiero di Lucia, Manfredi e Fiammetta, siamo qua per rifuggire da manifestazioni retoriche dense di parole che hanno come unico obiettivo quello di lavarci la coscienza. Siamo qua oggi perché pretendiamo la verità sulla strage di via d’Amelio”. Rosa Guagliardo

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