Catania, confisca per 20 milioni ad imprenditore ritenuto contiguo al clan mafioso dei Mazzei

I finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione,  alla sentenza del Tribunale etneo, divenuta definitiva, con cui è stata disposta la confisca del patrimonio illecitamente accumulato dall'
imprenditore Sergio Leonardi pari a circa 20 milioni di euro, condannato in via definitiva per i reati di associazione a delinquere, frode fiscale, sottrazione al pagamento e all’accertamento delle accise, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, occultamento e distruzione delle scritture contabili, falsità commessa dal privato in atto pubblico e autoriciclaggio, aggravati dal fatto di aver agito per agevolare l’associazione mafiosa denominata “i Carcagnusi”, facente capo a Santo MAZZEI, nonché di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.In particolare, le pregresse attività investigative svolte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-
Finanziaria di Catania e da militari del Nucleo Investigativo dell’Arma dei carabinieri etnei su delega della citata
Procura della Repubblica avevano già consentito, nel gennaio 2020, di arrestare l'uomo,  all’epoca indagato, unitamente ad altre 22 persone, nell’ambito dell’operazione “VENTO DI SCIROCCO”.

La carriera criminale del condannato avrebbe avuto inizio nel 2007 sotto l’egida mafiosa del clan “SCIUTO-
TIGNA”. Dopo la carcerazione di uno degli esponenti di spicco di tale sodalizio, il soggetto in questione, tra il
2009 e il 2011, sarebbe finito sotto l’ala protettrice dei Mazzei, i quali si sarebbero avvalsi del suo operato per il
contrabbando di prodotti petroliferi.

Le  indagini svolte avevano permesso di evidenziare che elementi apicali del clan MAZZEI avrebbero instaurato stabili rapporti con imprenditori dediti alla gestione di depositi e impianti di distribuzione di carburante coinvolti in operazioni finalizzate alle frodi fiscali sui prodotti petroliferi ed in
particolare con il soggetto raggiunto da condanna, intervenendo lungo tutte le fasi della filiera di
approvvigionamento dei prodotti petroliferi con la propria capacità di condizionamento e di “mediazione”, anche
grazie ai rapporti intrattenuti con soggetti appartenenti ad altre organizzazioni criminali operanti in diversi ambiti
territoriali dell’Italia.

Le unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania della Guardia di
Finanza avevano ricostruito il complesso meccanismo delle “frodi carosello all’IVA” nel settore dell’importazione e della commercializzazione di prodotti petroliferi, reso possibile dalla disponibilità di numerosi depositi di prodotti energetici compiacenti e da una fitta rete di prestanome intestatari di società “cartiere” e di impianti di distribuzione stradale di carburante. Nel dettaglio, le citate cartiere si frapponevano tra
gli effettivi venditori e acquirenti, con l’esclusivo scopo di “caricare” su di sé gli adempimenti connessi all’IVA
dovuta sulle vendite, che tuttavia non veniva versata. Nel complesso, il gasolio consumato in frode è risultato
pari a oltre 5,7 milioni di kg (corrispondente a quasi 7 milioni di litri) al quale è corrisposta un’evasione di accisa
di oltre 4 milioni di euro e di IVA per quasi 2 milioni.

Gli accertamenti patrimoniali svolti in quella fase di indagini sul conto del richiamato soggetto avevano
infine permesso di individuare e sottoporre a sequestro, a seguito di specifico provvedimento del Tribunale
etneo, su richiesta della Procura, il patrimonio direttamente e indirettamente riconducibile al medesimo.
Sulla scorta delle evidenze acquisite nel corso delle indagini, il Tribunale penale catanese, chiamato a
pronunciarsi in sede processuale, ha emesso sentenza, confermata in appello e divenuta irrevocabile, nei
confronti, tra gli altri, del suddetto sodale, disponendone la condanna alla pena della reclusione di 5 anni e 6 mesi
nonché la confisca del patrimonio illecitamente accumulato, costituito da cinque società commerciali e 2 ditte
individuali - operanti nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi, con sede nelle province di
Catania (n. 3 società e 2 ditte individuali) e Siracusa (n. 2 società), 8 unità immobiliari, di cui 7 in Catania ed una
in Giardini Naxos (ME), rapporti finanziari, denaro contante, decine di orologi e preziosi, per un valore
complessivo di 20 milioni di euro.

Il patrimonio illegalmente acquisito sarà ora affidato all’“Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati”.

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