41 anni fa Cosa nostra con un' autobomba uccideva il giudice Chinnici. La figlia: "Suo impegno e sacrifici non saranno mai dimenticati"

di Ambra Drago
Quarantuno anni fa Cosa nostra uccideva il giudice istruttore Rocco Chinnici 
in via Pipitone Federico con un'autobomba. Il primo di una metodologia stragista che la città ritornò a conoscere nove anni dopo con la Strage di Capaci prima e via d'Amelio 57 giorni dopo.
Quel giorno di quarantuno anni fa insieme a quello che è considerato il padre del pool antimafia, morirono, il Maresciallo Ord. Mario Trapassi e l’Appuntato Salvatore Bartolotta, insieme con il sig. Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile nel quale abitava il giudice. dove sono stati resi gli onori ed è stata data lettura della motivazione della M.O.V.C. concessa ai decorati.
Alla celebrazione sono intervenuti oltre i familiari dei decorati e dei feriti sopravvissuti al vile attentato, il Comandante della Legione “Sicilia”, il Generale di Divisione Giuseppe Spina nonché le massime Autorità civili e militari.Successivamente, all’interno della chiesa di “San Michele Arcangelo”, è stata celebrata una messa, officiata dal Parroco, Don Alerio Montalbano e dal Cappellano Militare Don Salvatore Falzone in ricordo dei caduti.

Al termine della funzione religiosa, si sono succeduti gli delle autorità civili e militari presenti, tra coloro che hanno preso parola, la figlia del giudice, l’Europarlamentare Caterina Chinnici che ha sottolineato come il padre credesse fortemente nella necessità di accompagnare l’azione di contrasto investigativa e giudiziaria, con un’opera di profondo rinnovamento culturale.

Emozionato il ricordo del Generale Spina, che ha innanzitutto manifestato un sentimento di calorosa vicinanza ai familiari dei caduti, per l’immane dolore che hanno dovuto affrontare per la drammatica uccisione dei loro cari. L’alto Ufficiale ha altresì evidenziato come la tragica uccisione di questi uomini imponga una riflessione sul significato del sacrificio della vita nell’adempimento del dovere, che va oltre l’adempimento di un obbligo, perché implica di porre la propria vita al servizio del bene comune. La grandezza del sacrificio nell’adempimento del dovere risiede nella scelta di fare ciò che è giusto nonostante tutto, affrontando i rischi estremi per svolgere il proprio dovere che, con il sacrifico della vita, rappresenta per un servitore dello Stato il punto più alto dell’altruismo.

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