Falsa testimonianza i testi Iossa e Curaba adesso rischiano l'incriminazione

Rischiano di essere incriminati per falsa testimonianza due testi ascoltati nell'ultima udienza del processo scaturito dall'operazione antimafia «Campus Belli» (alla sbarra, per concorso esterno, anche l'ex sindaco di Campobello Ciro Caravà). A non convincere il pm Marzia Sabella, che ha chiesto la trasmissione in Procura degli atti d'udienza, sono state le testimonianze di Giuseppe Iossa e Giuseppe Curaba. 
Il primo, campano, commerciante di olive, è stato interrogato sui rapporti che avrebbe intrattenuto con alcuni imputati e con le ditte Eurofarida, Agricola Siciliana e Curaba. Iossa ha detto di non aver incontrato in Campania Antonio Tancredi e di non ricordare di aver ricevuto solleciti di pagamento da parte di Simone Mangiaracina. Più volte il pm ha contestato le sue dichiarazioni, leggendo intercettazioni in cui Iossa parlava con Mangiaracina. Pure Giuseppe Curaba, imprenditore castelvetranese operante nel settore della commercializzazione di olive, si è mostrato reticente. Ha dichiarato di non aver partecipato a riunioni per la costituzione di un consorzio su invito dell'imputato Cataldo La Rosa. 
Il pm gli ha contestato che i carabinieri hanno rilevato la sua presenza, il 20 marzo 2007, davanti il ristorante («Rizzaglio» di Torretta Granitola) dove si tenne la riunione. Curaba ha, inoltre, detto di non conoscere La Rosa, anche se, quando gli è stato indicato, ha affermato il contrario. Il giudice a latere Roberto Riggio ha ricordato al teste che in diverse conversazioni telefoniche intercettate La Rosa dice di essere andato a trovarlo e di avergli parlato. Ascoltato anche il capitano dei carabinieri Giglio, che ha parlato di una società che vinse appalti al Comune di Campobello per centinaia di migliaia di euro e che aveva tra i soci fondatori 5 nipoti del boss Leonardo Bonafede e la sorella di Caravà.
(Antonio Pizzo La Sicilia)

Nessun commento:

Posta un commento