Lauricella moderato ma non troppo col Pd alla Camera

Figlio d’arte è un keinesiano e vuole più certezze dalla politica e dal voto
 
Giuseppe Lauricella, da noi incontrato negli studi di Siciliauno, è uno di quei personaggi politici italiani che meritano ancor più risalto sotto ogni aspetto. Figlio d’arte – si fa per dire – coglie l’eredità di un padre famoso che fu ministro ed appartiene al novero dei maggiori uomini politici siciliani di sempre: Salvatore Lauricella, che fu presidente dell’Ars e presidente del Psi. Costituzionalista e docente universitario, Giuseppe, componente nel 2012 del Consiglio di Giustizia amministrativa, ha rinunziato a questa carica essendo stato eletto alla Camera nelle liste del Pd. Palermitano, classe 1960, non tarda ad apparirci come un componente della nouvelle vague del Partito Democratico, anche per fedeltà, probabilmente, alle tradizioni familiari di pregiata fattura socialista. E’ una tradizione iniziata dal nonno, avvocato a Ravanusa, suo omonimo. Più di così… 
“Un momento difficile – esordisce l’onorevole sapendo di ripetere ciò che è ovvio – senza una vera maggioranza né al senato, ma in pratica neppure alla camera…”
Ma, allargando la visuale, può essere un momento di cambiamento, di scelte… 
“Sicuramente. Il primo intento dello stato dev’essere quello di saper distinguere la spesa pubblica produttiva e dare un taglio a quella improduttiva”. 
Se le dicessi che un certo socialismo è invecchiato, che cosa intenderebbe, specie in relazione alla crisi, per socialismo evoluto? 
“Dobbiamo riuscire a passare da una politica di austerità ad una di marca keinesiana. Auspico e coltivo un socialismo evoluto che non soffochi la libera concorrenza, laddove essa risulta utile alla crescita e allo sviluppo, ma non dimentichi le necessità del sociale e del welfare nell'ottica di un miglioramento della qualità della vita”.
Lei spera insomma di poter portare acqua al mulino di una razionalizzazione, del cambiamento, ma in un certo modo… 
“Io sono capitato nella legislatura più complicata della storia della repubblica italiana. Vedremo che cosa ci riserva il domani. Nella possibilità di un progresso come hop decritto, non mancherà per me”. 
Berlusconi, Grillo sono i leader dei due partiti diversi dal suo. Come li vede? 
“Partiamo da Grillo. Occorre fermare uno che predica la guerra contro tutto e contro tutti. Credo che la gente capirà da sé. Quanto al leader del Pdl non mi chieda certo di essere berlusconiano. La gente dimentica tutto, anche le marachelle e Berlusconi con la propria abilità affabulatoria che tutti gli riconosciamo ha portato un partito che in mano di Alfano era ridotto al 12 per cento fino al 29. Ribadisco, a dispetto dei tanti difetti che io riscontro e delle sue gaffe” 

Ma un dialogo con Berlusconi oggi potrebbe riguardare un discorso di governabilità… 

“Ci sarebbero state, in effetti, due o tre strade per la governabilità. O un governassimo, Grillo compreso. Oppure l’accordo di larghe intese per grandi riforme, elettorale, lavoro… Infine Bersani con pochi punti da riformare e al senato con un po’ di senatori in più a suo sostegno”. 
Una soluzione per l’avvenire? 
“Dare la certezza a chi vince le elezioni di governare, come avviene in altri stati quali l’Inghilterra, dove basta un turno secco. I deputati dei partiti concorrono ai seggi e se li aggiudicano uno ad uno. Il leader di coloro che hanno conquistato più seggi riceve l’incarico della Regina”. 
La Sicilia e l’Italia: le elezioni vanno meglio nell'Isola  Un sistema da copiare? 
“Probabilmente sì. Si vota il leader che, vincendo, comunque diventa tale. Abbiamo visto che una maggioranza si aggrega comunque intorno a lui. Un sistema che va studiato. A Roma il capo del governo designato deve presentarsi subito alle camere per la fiducia”. 
Non le sembra di raccomandare un passo indietro per la democrazia? 
Forse, ma uno in avanti per la governabilità”. 

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