Commemorazione Montana.Questore:"Ha pagato la solitudine. Alla Catturandi ogni operazione dedicata a lui"

di Ambra Drago
Erano le ore 21 del 28 luglio 1985 quando due killer uccisero il capo della Catturandi, Beppe 
Montana, davanti la rimessa delle barche a Porticello. Cosa nostra impaurita dal metodo investigativo del giovane Montana che aveva dato ottimi risultati, come non ricordare il famoso rapporto Greco+161 al fianco del suo amico e capo della Mobile, Ninni Cassarà (sarà ucciso nove giorni dopo), decise di eliminarlo. Montana, agrigentino di nascita, dopo la laurea in giurisprudenza aveva partecipato al concorso in polizia e il 15 settembre 1981 ne era entrato a farne parte. Amava uscire con la sua piccola imbarcazione e quel giorno si era concesso una pausa dalla caccia dei latitanti, uscendo con la fidanzata e degli amici.Lui che aveva imparato ad amare il mare e Porticello, che usciva anche con i suoi mezzi per conoscere il territorio e che nonostante la consapevolezza del pericolo non si era tirato mai indietro lavorando al fianco dei magistrati Falcone e Borsellino. Tutti servitori dello Stato che hanno pagata un prezzo molto alto, legato anche alla solitudine. Oggi nella piazza chiamata Beppe Montana dove due anni fa è stata deposta una lapide in suo ricordo si sono ritrovati semplici cittadini e le alte cariche civili e militari. Presente anche la vedova Cassarà e l'ex presidente del senato e già Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso.
 “La parola chiave è solitudine - sottolinea Renato Cortese- Questore di Palermo- che non era fisica o della mattina in cui è stato ucciso Beppe Montana. Era una solitudine di pochi che facevano il loro dovere e probabilmente è stata l’anticamera che ha consentito alla mafia di poter fare quello che ha fatto. La solitudine accomuna Montana, Cassarà e i magistrati che facevano il loro dovere.Pensare oggi all’esempio di Montana fa venire in mente come era difficile fare antimafia, oggi abbiamo un contesto ambientale favorevole in quegli anni in un contesto in cui nessuno parlava di antimafia e legalità per cui il suo esempio è da tenere nel cuore".
A chi gli chiede a che punto si trova il contrasto alla mafia soprattutto in un territorio come quello di Palermo e della sua provincia.
“È innegabile che il punto in cui siamo- continua Renato Cortese-Questore di Palermo- nel contrasto alla mafia posso dire che è a buon punto. Ma l’attenzione rimane alta perché da un lato ha una capacità di rigenerarsi ma allo stesso tempo è un momento positivo per cui la gente ha interrotto il consenso sociale. Adesso l’attenzione deve essere rivolta ai cittadini ai quali bisogna dare risposte davanti a quei problemi di micro criminalità, che poi micro non è, perché il cittadino lo vive come un'esigenza. Il monito di Beppe Montana bisogna viverlo come una memoria rivolta al presente nel continuare il contrasto alla mafia e nel dare risposta ai cittadini”.
Gli chiediamo che valore ha avuto sedersi nella poltrona di Montana qualche anno dopo, Cortese è stato anche prima componente e poi capo della Catturandi della Squadra Mobile di Palermo.
“Per me e per tutti noi che siamo stati gli investigatori di quella Mobile- conclude il Questore di Palermo- il ricordo di Montana ha costituito una motivazione in più nel continuare il suo lavoro  e non c’è stata nessuna operazione negli anni successivi che in qualche modo nella testa e nel cuore non abbiamo dedicato a lui”.

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