In particolare, dai primi accertamenti sarebbero emersi consumi anomali di energia elettrica e la sussistenza di potenziali violazioni alla normativa ambientale.
Così le Fiamme Gialle hanno chiesto l'emissione di un decreto di perquisizione che avrebbe permesso permesso di accertare l’esistenza di una lavanderia artigianale, gestita da due sorelle del posto, allestita in modo precario e in totale assenza di qualsiasi autorizzazione amministrativa.
Inoltre sono state scoperte anche altre violazioni come la mancanza di specifica documentazione prevista dal Testo
Unico Ambiente per la particolare tipologia di attività (Autorizzazione Unica Ambientale, denuncia annuale delle acque reflue industriali, relazione tecnica dell’impianto di depurazione e autorizzazione allo scarico in fognatura).
Per tale motivo le Fiamme Gialle hanno proceduto al sequestro penale del locale e delle attrezzature trovate al suo interno e a denunciare le titolari alla Procura della Repubblica di Palermo.
Inoltre sono state scoperte anche altre violazioni come la mancanza di specifica documentazione prevista dal Testo
Unico Ambiente per la particolare tipologia di attività (Autorizzazione Unica Ambientale, denuncia annuale delle acque reflue industriali, relazione tecnica dell’impianto di depurazione e autorizzazione allo scarico in fognatura).
Per tale motivo le Fiamme Gialle hanno proceduto al sequestro penale del locale e delle attrezzature trovate al suo interno e a denunciare le titolari alla Procura della Repubblica di Palermo.
Inoltre, visto lo stato fatiscente dei luoghi, le scarse condizioni igieniche, gli spazi angusti in cui vi era un’elevata concentrazione di apparecchiature elettriche, capi in fase di lavaggio (e, dunque, bagnati) ovvero già trattati, confezionati e pronti per la consegna, fili elettrici pendenti, carenza di vie di
aereazione e di uscite d’emergenza, i militari operanti hanno segnalato anche le gravi violazioni riscontrate in materia di
aereazione e di uscite d’emergenza, i militari operanti hanno segnalato anche le gravi violazioni riscontrate in materia di
sicurezza sul lavoro previste dal Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro e integranti un rischio effettivo sia per i lavoratori addetti che per i clienti, soprattutto in questa fase di emergenza epidemiologica da Covid-19 in cui i processi di sanificazione risultano fondamentali per il contenimento della
pandemia.
Nei confronti delle due sorelle sottolineano dal comando provinciale della Finanza, si procederà alla contestazione delle relative sanzioni amministrative per importi che vanno da un minimo di €. 250 a un massimo di €. 5.000 per violazione delle norme specifiche relative all’esercizio abusivo dell’attività di tinto-lavanderia nonché alla contestazione
delle relative sanzioni amministrative in materia tributaria per mancata installazione del registratore di cassa (sanzionata con la pena pecuniaria da € 1.032 a € 4.131) e mancata tenuta delle scritture contabili obbligatorie (che prevede una sanzione amministrativa da € 1.000 a € 8.000).
Inoltre, i successivi approfondimenti investigativi hanno permesso ai finanzieri di rilevare che il marito di una delle due titolari aveva richiesto e beneficiato del “reddito di emergenza”: attesa l’omessa comunicazione della posizione
lavorativa svolta dalla moglie, la quale – seppure esercitata in forma abusiva – costituisce una fonte reddituale per il nucleo familiare, si è altresì proceduto a deferire all’A.G. il percettore indebito per la violazione dell’art. 483 C.P. e
alla comunicazione all’INPS della posizione del soggetto per la revoca del beneficio e il recupero degli importi finora erogati, ammontanti ad Euro 1.120,00.
pandemia.
Nei confronti delle due sorelle sottolineano dal comando provinciale della Finanza, si procederà alla contestazione delle relative sanzioni amministrative per importi che vanno da un minimo di €. 250 a un massimo di €. 5.000 per violazione delle norme specifiche relative all’esercizio abusivo dell’attività di tinto-lavanderia nonché alla contestazione
delle relative sanzioni amministrative in materia tributaria per mancata installazione del registratore di cassa (sanzionata con la pena pecuniaria da € 1.032 a € 4.131) e mancata tenuta delle scritture contabili obbligatorie (che prevede una sanzione amministrativa da € 1.000 a € 8.000).
Inoltre, i successivi approfondimenti investigativi hanno permesso ai finanzieri di rilevare che il marito di una delle due titolari aveva richiesto e beneficiato del “reddito di emergenza”: attesa l’omessa comunicazione della posizione
lavorativa svolta dalla moglie, la quale – seppure esercitata in forma abusiva – costituisce una fonte reddituale per il nucleo familiare, si è altresì proceduto a deferire all’A.G. il percettore indebito per la violazione dell’art. 483 C.P. e
alla comunicazione all’INPS della posizione del soggetto per la revoca del beneficio e il recupero degli importi finora erogati, ammontanti ad Euro 1.120,00.
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