"Finti morti" per riscuotere le somme delle polizze vita. Giro d'affari di circa 5 milioni di euro

Venti le truffe accertate con un “giro d’affari” che ha fruttato finora all’organizzazione criminale proventi per circa 2.700.000,00 euro.Ma non solo, ulteriori somme arrivavano dai premi assicurativi in fase di liquidazione per un totale di circa 5.000.000,00 euro. L'organizzazione era composta da tre persone, tutte raggiunte dal provvedimento di fermo e si tratta di Danilo Di Mattei, Giuseppe Tantillo, Calogero Santi Frenna, con precedenti di polizia. Ai fratelli Salvatore e Agostino Patti e a Salvatore Rini viene attribuito il ruolo di organizzatori della consorteria criminale; gli stessi provvedevano sia a fungere da beneficiari e finti deceduti di alcuni contratti assicurativi, ed altresì si occupavano della fase di smistamento delle somme accreditate dalle compagnie assicuratrici attraverso innumerevoli movimentazioni di denaro e prelievi in contanti volti ad ostacolare la tracciabilità delle somme indebitamente ottenute.Risultano, allo stato, coindagati nel medesimo procedimento penale, altre persone che a vario titolo fornivano il proprio contributo per la piena riuscita dei fini dell’associazione, prestandosi a rivestire il ruolo di beneficiari o di finti morti, prelevando le somme accreditate su carte postepay a loro intestate, smistando le somme con successive operazioni di accrediti a terzi o di prelievi di contante


I vari componenti sarebbero stati in grado di gestire la fase che precedeva la scelta delle persone da coinvolgere, spesso avrebbero accompagnato i “futuri morti” per la stipula di uno o più contratti assicurativi; decidevano il momento in cui doveva procedersi alla dichiarazione di morte del falso defunto; curavano la fase di creazione materiale degli atti falsi da presentare alle compagnie che attestassero la morte del contraente in modo da arrivare alla fase della riscossione del premio assicurativo.Inoltre si sarebbero occupati anche della accensione di conti corrente da parte dei beneficiari, per la ricezione del premio e di come dovevano essere divise.

Un modus operandi collaudato e dettagliato in ogni particolare. Molte volte hanno sottolineato dalla polizia, il "falso morto" era connesso ai vertici dell’associazione da rapporti di conoscenza pregressa spesso lavorativa, contraeva una o più polizze assicurative sulla vita, indicando in essa come beneficiario, nella maggior parte dei casi, il proprio convivente, un parente o un altro membro del gruppo criminale. Dopo la corresponsione da parte dell’assicurato di pochissime rate mensili relative al premio assicurativo, attraverso la produzione agli uffici delle poste e/o compagnie assicuratrici preposti alla stipula di tali contratti di documenti volti ad attestare il falso decesso dei soggetti contraenti, il beneficiario indicato nella polizza richiedeva illegittimamente il riscatto del premio assicurativo e otteneva l’intera somma prevista, che successivamente veniva movimentata mediante complesse operazioni coinvolgenti svariati conti correnti. Ciò avveniva attraverso un sistema di accrediti e successivi prelievi attraverso le attività di intercettazione telefoniche. Inoltre la documentazione prodotta era sempre la stessa.

Il certificato di morte completo in ogni suo dettaglio, poi c'era la scheda di bordo relativa all’intervento del servizio 118 con l’indicazione precisa dei medici e del personale intervenuto che attesta il decesso. In alcuni casi l’inserimento tra la documentazione della Scheda Istat di morte, avente un numero di protocollo, rilasciata dall’Unità Sanitaria Provinciale di Palermo. La relazione del medico curante, corredata da timbro e numero di registro regionale, era idonea ad ingenerare nelle compagnie assicurative l’esistenza di atti pubblici originali attestanti effettivamente la morte del contraente.

Tra le accuse vi sono quelle di autoriciclaggio e riciclaggio. In particolare Di Mattei avrebbe investito parte dei proventi illeciti delle truffe sia nelle attività imprenditoriali concernenti locali immobili adibiti a parcheggio e autorimessa per vetture in alcune delle più importati vie del centro cittadino, intestate formalmente all’ prestanomi, sia nell’acquisto di immobili.

Anche i F.lli Patti e Salvatore Rini si sarebbero resi responsabili di numerose operazioni di riciclaggio attraverso sistematico prelievo di ingenti somme di denaro contante che venivano rapidamente “fatte sparire” dai loro conti correnti una volta ricevute le liquidazioni dalle assicurazioni per essere redistribuiti a favore dell'organizzazione. Parimenti la T. L. ed il F.N. pure risultano gravati da numerosi gravi indizi circa delitti di autoriciclaggio, per avere reinvestito parte dei proventi delle truffe in attivita commerciali da loro gestite sempre attraverso prestanomi.

Infine sono stati sequestrati beni mobili ed immobili nonché numerose attività commerciali, ai quali va aggiunto il sequestro di svariati conti correnti utilizzati per le complesse operazioni di riciclaggio.

Si tratta di:

- ditta individuale ed intero patrimonio aziendale, con sede in Palermo via Notarbartolo 27/d ed ulteriori sedi operative in via G. la Farina 38,40,42 e Via Croce Rossa 122, esercente attività di garage e rimessaggio e lavaggio autovetture

- Quota del 50% della proprietà di un terreno sito in Palermo Zona Cruillas ;

- Ditta individuale “La boutique del caffè “ed intero patrimonio aziendale con sede in Palermo via Zandonai 20, esercente l’attività di vendita al dettaglio di prodotti alimentari e per caffè, i

- Ditta individuale “La Bottega del caffè e oltre” ed intero patrimonio aziendale con sede in Palermo Cortile Cardinale n. 1, esercente l’attività di commercio on line di prodotti del caffè e surgelati.

- 4 veicoli ed un’autovettura intestata

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