A seguito di indagini svolte dal Commissariato di P.S. di Leonforte (En), dirette dalla D.D.A. di Caltanissetta,
personale della Questura di Enna, con la collaborazione di personale del Commissariato di P.S. di Augusta (SR), ha eseguito la notte scorsa l’operazione “More solito”, che ha portato all’arresto di 10 persone.
personale della Questura di Enna, con la collaborazione di personale del Commissariato di P.S. di Augusta (SR), ha eseguito la notte scorsa l’operazione “More solito”, che ha portato all’arresto di 10 persone.
I fatti contestati sono associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e traffico di stupefacenti.
L’ordinanza cautelare, emessa su richiesta della DDA nissena dal GIP di Caltanissetta, è di custodia in carcere per 7 degli indagati arrestati e di arresti domiciliari per altri 3; un undicesimo soggetto risulta attualmente latitante all’estero.
L’indagine, denominata “More solito” e condotta con attività tecniche di intercettazione e classici metodi investigativi come l’attività di appostamento e pedinamento, ha permesso di acclarare come, nella zona nord della Provincia ennese (Agira e Leonforte in primis, ma non solo), fosse attiva un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, prevalentemente marjiuana, hashish e cocaina. Nel corso dell’indagini sono stati operati numerosi sequestri di stupefacente ed alcuni arresti in flagranza; la Polizia di Stato ha anche segnalato, quali assuntori, molteplici soggetti alla locale Prefettura.
L’associazione criminale in oggetto era capeggiata dai giovani Mario DI BELLA (alias “cocorito”), e Beniamino D’AGOSTINO, che, collaborati dai fidati agirini IACONA Giuseppe (alias “u muoddu”), DI DIO Luigi (alias “u smalitu”), GIACONE Michele (alias “poli poli”),ROSALIA Filippo, VALLE Orazio (alias “u mala”), e dal leonfortese Angelo VENTICINQUE (alias “Angelu u ruossu”), si rifornivano, in via quasi esclusiva, dal pregiudicato di Augusta Giuseppe RAPISARDA (alias “u patrozzu”), vicino ad ambienti malavitosi catanesi e siracusani. L’agirino Paolo CONTINO, invece, pur collaborandovi, manteneva una sorta di autonomia dall’associazione in questione, rifornendosi, per il successivo spaccio, non solo dal citato RAPISARDA, ma anche da CUCCIA Pietro (alias “zio Giulio”), tratto in arresto dal Commissariato di Leonforte nel Giugno 2013 durante l’operazione “Nickname”.
Gli associati erano soliti recarsi, con frequenza quasi settimanale, dal fornitore augustano, per poi riunirsi nel garage in uso al MicheleGIACONE, sito in via Emilia, ad Agira, dove sistemavano lo stupefacente da spacciare tra Agira e Leonforte ai molteplici assuntori (alcuni dei quali anche minorenni), e dove disponevano altresì anche di una “cassa comune” in cui far confluire i guadagni.
Tuttavia, i frequenti viaggi dei sodali presso il centro augustano comportavano un cospicuo accumulo di migliaia di euro di debiti verso il “patrozzu”, tanto da spingere questi a giungere fino ad Agira per definire la questione in data 24 Gennaio 2012, allor quando veniva notato da personale del Commissariato leonfortese, appositamente appostato. Le pretese del RAPISARDA cessavano in data 29 Marzo 2012, quando questi, nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri denominata “Carte false”, veniva tratto in arresto.
Gli indagati spesso usavano termini convenzionali per indicare la sostanza stupefacente e le loro contropartite in denaro; parlavano così telefonicamente talora di “cioccolato”, talaltra di “telecomandi” o “magliette”, “CD”, “panini”, o “telefonini”. Il linguaggio convenzionale non impediva tuttavia la decodificazione dei discorsi. Infatti, i riferimenti per alludere allo stupefacente, risultavano del tutto incoerenti con il contesto o l’attività lavorativa svolta dagli interlocutori; inoltre, la natura allusiva e criptica delle conversazioni intercettate risultava a volte dal fatto che le stesse erano evidentemente incongrue ed illogiche se considerate nel contesto complessivo della situazione invece che nelle singole frasi (per esempio quando un indagato chiedeva ad un altro di fare arrivare “non il telefono, ma un telefono”).
Un undicesimo soggetto risulta attualmente latitante all’estero.
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