Trapani: Sequestrati beni per 25 milioni

Beni per un valore di 25 milioni di euro sono stati sequestrati da polizia e guardia di finanza a due noti imprenditori trapanesi. Si tratta di Domenico e Pietro Funaro, padre e

figlio di 84 e 53 anni. Pietro funaro è l’attuale vice presidente dell’Ance Sicilia, l’associazione che raggruppa gli imprenditori edili.
L’ultimo appalto che l’impresa Funaro si è aggiudicato è stato quello per la realizzazione di un acquedotto. I lavori erano in programma a Montescuro ovest, dove dovevano essere realizzate le condutture idriche destinate ad aumentare l’approvvigionamento idrico per le zone del trapanese. Un appalto la cui assegnazione è stata bloccata dalla prefettura, che ha emesso un provvedimento di interdittiva nell’ambito della normativa antimafia: “Provvedimento – ha spiegato il maggiore Michele Ciarla, comandante del nucleo tributario della guardia di finanza durante la conferenza stampa servita ad illustrare i contenuti dell’operazione di sequestro beni che ha interessato gli imprenditori Domenico e Pietro Funaro – che oggi esce rafforzato grazie all’ordinanza del Tribunale di Trapani”.
Pietro Funaro, tre mesi fa, era stato sospeso da Confindustria Trapani in quanto a suo carico c'era una interdittiva antimafia. Il provvedimento di sospensione è stato firmato dal presidente di Confindustria Trapani Gregory Bongiorno. Subito dopo la sospensione Funaro si è dimesso dalla carica di vice presidente regionale dell'Ance Confindustria, incarico che ricopriva da meno di un anno. 
Un'ordinanza che colpisce un imprenditore all'apice della sua ascesa. “L’indagine – ha proseguito l’ufficiale della Finanza – non ha riguardato ex imprenditori, ma imprenditori ancora molto attivi. La pericolosità sociale a loro attribuita e conseguentemente riconosciuta alle loro imprese scaturisce dal fatto che nel tempo hanno fatto parte di un reticolo di imprese impegnate a condizionare l’assegnazione di appalti e forniture. La nostra è stata una azione preventiva per evitare il possibile ripetersi di questo ruolo”. “Siamo ancora una volta riusciti a mettere insieme – ha aggiunto il colonnello Roberto Ragusa, comandante provinciale delle Fiamme Gialle a Trapani – patrimoni informativi con la polizia nell’ambito della perdurante strategia di attacco ai patrimoni illeciti. Patrimoni che proprio perché accumulati illecitamente sono più pericolosi”.
Ulteriori approfondimenti nel corso della conferenza stampa sono stati forniti dal dirigente della divisione anticrimine Manfredi Lo Presti. A sua volta il questore di Trapani, Carmine Esposito, prossimo a lasciare la città per assumere l’incarico di questore a Brescia, ha voluto rimarcare l’efficacia del “gruppo investigativo interforze” che oramai dal gennaio 2011 ha messo a segno una serie di importanti sequestri preventivi, colpendo proprio quella che ha definito essere “l’area grigia di Cosa nostra”. Un lavoro avviato dalla divisione anticrimine quando era guidata dal dirigente Giuseppe Linares, oggi capo della Dia a Napoli, e che è ulteriormente proseguito. “Fu quella – ha sottolineato il questore Esposito - una intuizione efficace che ha trovato valido conforto nelle decisioni che conseguentemente sono state prese dall’autorità giudiziaria e in particolare dal Tribunale delle Misure di Prevenzione di Trapani. Polizia e Finanza insieme hanno lavorato molto bene”. È lungo l’elenco dei sequestri operati, scaturiti anche da indagini giudiziarie condotte dalla Squadra Mobile. “Ci sono state indagini – ha spiegato il dirigente della Squadra Mobile, Giovanni Leuci – che hanno fatto emergere figure imprenditoriali disponibili ad agevolare il contesto criminale mafioso. Imprenditori che sono sfuggiti a misura cautelari ma che non potevano non sfuggire alle misure di prevenzione. Questi sequestri come nel caso delle imprese Funaro servono ad evitare che imprenditori e imprese che hanno appoggiato Cosa nostra possano continuare a farlo, per questo sono imprese ritenute pericolose”. Il capo della squadra mobile ha anche indicato gli elementi da cui è stata tratta la “pericolosità sociale” dei Funaro: “I rapporti svelati dal pentito Vincenzo Sinacori con l’imprenditore mazarese Michele Accomando, condannato per mafia e indicato come uno dei maggiori referenti dei boss mafiosi del trapanese, come il mazarese Andrea Manciaracina, i rapporti con il riconosciuto capo della cupola trapanese Francesco Pace. Ma abbiamo anche testimonianze importanti – ha proseguito Leuci - come quella dell’ex amministratore giudiziario della Calcestruzzi Ericina che ha indicato Funaro come uno degli imprenditori che faceva parte del cartello di imprese che sfuggendo all’invito dell’allora prefetto di Trapani Fulvio Sodano si opponevano alla sopravvivenza economica dell’impresa di calcestruzzo per provocarne così il fallimento, cosa che non è avvenuta anche per un forte intervento investigativo e giudiziario”. Pericoli odierni? “Oggi – ha risposto ancora Giovanni Leuci - lavoriamo per evitare il ricostituirsi di tavoli dove possano tornare a decidersi aggiudicazioni di appalti e forniture”. Cosa nostra continua quindi a interessarsi di appalti? “Assolutamente – ha ancora risposto il capo della Mobile – e soprattutto Cosa nostra trapanese che ha sempre avuto e continua ad avere la pretesa di monopolizzare il comparto”.
Il vicepresidente regionale dell’Ance Sicilia, Pietro Funaro, è stato colpito questa mattina da un sequestro di beni, in un'operazione antimafia condotta dalla polizia e dalla guardia di finanza. All’imprenditore trapanese, originario di Santa Ninfa, su disposizione della sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, poliziotti e finanzieri stanno sequestrando beni per un valore di 25 milioni di euro. Si tratta di proprietà intestate anche al padre, Domenico Funaro. Proprietà e società con sede nel trapanese, a Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Alcamo, Castellammare del Golfo, e nel catanese, a Santa Venerina. Il Tribunale di Trapani ha accolto la richiesta avanzata dal questore di Trapani, Carmine Esposito, a conclusione di indagini condotte dal gruppo composto da polizia e fiamme Gialle che nel tempo hanno condotto diverse inchieste sui possedimenti “in odor di mafia”.
Il sequestro riguarda 3 beni immobili, 38 beni mobili (autovetture, furgoni, mezzi meccanici), 11 imprese (capitali sociali e pertinenti complessi aziendali), 22 partecipazioni in altre società, tra le quali le quote sequestrate quelle possedute da Pietro Funaro all’interno della società editrice dell’emittente televisiva Telesud 3 di Trapani, e infine 82 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura, per un valore complessivo, stimato, di circa 25 milioni di euro.
Politica, mafia e appalti è il filone sul quale continuano le maggiori indagini antimafia nel trapanese. Il sequestro di beni contro Funaro, esponente di punta dell’Ance, il sindacato degli imprenditori edili di Confindustria, associazione della quale è stato di recente presidente provinciale a Trapani e da un anno vicepresidente regionale sospeso da Confindustria e si è dimesso dall'incarico tre mesi fa, conferma, a sentire gli investigatori e a leggere la pronuncia dei giudici che hanno disposto il sequestro preventivo delle aziende, la vocazione imprenditoriale di Cosa Nostra e il suo perdurante potere ben più esteso del territorio provinciale trapanese, distribuito, piuttosto, in gran parte del territorio regionale. Per mantenerlo, i boss avrebbero costituito una rete imprenditoriale per il condizionamento illecito della fase di aggiudicazione della gestione dei lavori e delle forniture concernenti la realizzazione di opere pubbliche appaltate. Nel tempo contro Domenico e Pietro Funaro, padre e figlio, magistrati e investigatori hanno raccolto diversi elementi indiziari, anche tratti da intercettazioni ambientali, non ultime poi le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.
(VARI)

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