PALERMO. Il grande affresco realizzato nel 1985 sul soffitto del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, in cui viene rievocata la leggenda di Colapesce, rappresenta l’approdo e l’espressione più eclatante dell’amore di Renato Guttuso per la danza e soprattutto l’opera lirica. Oltre 170 metri quadrati, realizzati quando il Teatro venne ricostruito dopo la rovina dovuta al terremoto del 1908. Non a caso, in un saggio pubblicato alla fine degli anni Novanta, Fabio Carapezza Guttuso rievoca la capacità del maestro siciliano “di entrare in sintonia con le melodie che amava di più, di riconoscerle e soprattutto di riuscire perfettamente a intonarle con la sua voce un po’ offuscata e arrochita dal fumo”.
Ecco perché, il Teatro Vittorio Emanuele di Messina sia stato scelto dal Teatro Massimo di Palermo per un concerto – oggi, lunedì 26 ottobre alle 19 - nell’ambito del progetto degli Itinerari Guttusiani, promosso dal Comune di Bagheria e dal Museo Guttuso di Villa Cattolica insieme con gli Archivi Guttuso di Roma per ricordare il centenario della nascita del maestro siciliano (Bagheria 26 dicembre 1911, ma all’anagrafe 2 gennaio 1912). Un concerto di brani strumentali composti da autori legati in vario modo al repertorio del melodramma. A eseguirli, il Collegium Classicum, complesso costituito da prime parti dell’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo. Fondato nel 1978 dal clarinettista Giuseppe Balbi, svolge da quasi trent’anni un’intensa attività concertistica in vari centri della Sicilia e presso le più importanti associazioni musicali dell’Isola.
Il programma di questa sera è costituito, in primo luogo, da brani composti “a partire” da temi e atmosfere teatrali, che testimoniano dunque una sorta di continuità ideale fra la scena operistica e il mondo dei salotti aristocratici o borghesi. A queste pagine ispirate a melodie di Bellini, Verdi e Gounod, si aggiungono due capolavori ritrovati del repertorio strumentale italiano dell’Ottocento come il Gran terzetto di concerto op. 40 di Polibio Fumagalli e il Quartetto di Amilcare Ponchielli.
Talvolta, aggiunge Carapezza Guttuso, il pittore iniziava a cantare mentre dipingeva “e nell’enfasi si girava e brandendo il pennello come una spada diventava il marchese di Posa, Don Giovanni o Don Carlo”. I suoi autori prediletti erano infatti Mozart e Verdi, anche se le decine di progetti teatrali – bozzetti, figurini, costumi – realizzati a partire dal 1940 testimoniano la capacità di affrontare i più diversi linguaggi e contesti espressivi.
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