“Che la programmazione 2000-2006 abbia avuto problemi - scrive - era cosa risaputa e non solo per la decisione della Commissione Europea di tagliare 367 milioni di euro della dotazione FSE 2000/2006 della Sicilia. Ora, è piuttosto urgente, utile e responsabile concentrarsi sul rischio che corre quella successiva del periodo 2007-2013, perché il governo Crocetta non è riuscito ad impegnare una somma pari a 600 milioni di euro, entro il 31 dicembre 2015. Somma due volte superiore a quella precedente, che rischia di determinare una nuova restituzione delle risorse comunitarie non spese per gli interventi previsti dal FESR".
"I dati ufficiali del Ministero dell’Economia - continua Ferrandelli - dimostrano che la Sicilia è sempre ultima con una attuazione finanziaria pari al 68,3%, addirittura a cinque punti dalla penultima regione, la Calabria, che registra un'attuazione finanziaria al 73%. Inoltre, le rilevazioni del Dipartimento per la Coesione Economica, che fa da cabina di regia dei programmi nazionali e regionali realizzati con i fondi comunitari, dimostrano come la Sicilia sia molto lontana dagli obiettivi di spesa fissati per la fine della programmazione, con una spesa certificata appena superiore al 50%". "La nostra regione - aggiunge - non è mai riuscita a qualificare una propria best practice. Il confronto non è impietoso solo con la Lombardia, ma anche con altre regioni del sud, per le quali la Commissione Europea stanzia un numero di risorse maggiori. Persino la Puglia è riuscita a fare bene con una realizzazione finanziaria pari a quasi il 90%.
Infine, occorre ricordare che è già partita la programmazione 2014-2020 con una dotazione finanziaria di quasi 5 miliardi in totale".
"Se non si fanno scelte strategiche e nel breve termine, - conclude Ferrandelli - rischiamo di perpetrare gli errori del passato con la corsa all’impegno dell’ultimo minuto per evitare la tagliola dell’Unione Europea, privi di una logica complessiva e di sistema, con danni ancora più gravi che nel passato. Non è sufficiente reclutare neo laureati, servono dirigenti preparati e capaci di innovare. Abbiamo direttori generali siciliani che stanno facendo cose ottime in altre regioni. Occorre richiamare i nostri siciliani che si sono distinti fuori ed ammodernare un sistema che non può andare avanti con provvedimenti a pioggia o con leggi mancia. Superiamo il vecchio “nemo profeta in patria” favorendo un principio di meritocrazia e senso delle istituzioni per migliorare la nostra macchina amministrativa e renderla più efficiente per i cittadini e per l’intero sistema produttivo della nostra Regione”.
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