Regione. Musumeci: “sono una persona perbene". Un requisito ovvio, che in politica non é sufficiente

di Giancarlo Drago
Dopo la delusione per una Finanziaria rattoppata e tirata per i capelli e il pasticciaccio della sanità con conseguenti incriminazioni e dimissioni dell’assessore Razza, il presidente Musumeci sale sul podio per dire la sua.Peccato che la sua sia una difesa d’ufficio improntata all’arroganza, come d’uso fra i due massimi esponenti delle istituzioni regionali, con cadute di stile che oramai sono tanto usuali che rischiamo di non indignarcene più.Non meritano infatti commento le insinuazioni sui cerchi magici o le abitudini sessuali di un suo predecessore, argomenti più da caffè che da Aula di un Palazzo parlamentare.Ma sorprende ancor più la difesa d’ufficio personale impostata sulla sua onorabilità, considerata come un titolo di merito. Certo in un Parlamento in cui un bel drappello di deputati é costretto a frequentare le aule di giustizia per difendersi dalle accuse più disparate e alcuni, i più ingenui o i più furbastri, a subire condanne penali, 
l’ onorabilità, che non é certo sinonimo di onorevole, può sembrare qualcosa di astratto. 
Musumeci dovrebbe sapere che essere onesti e perbene non é alcun pregio da vantare, ma é lo stato naturale di ciascuno di noi, di chi conosce e rispetta educazione e leggi, etica e morale.
In politica, come in qualsiasi lavoro o professione, occorrono invece capacità e competenze, rispetto dei ruoli e senso del sacrificio. Quando si fallisce, per qualsiasi ragione, esiste l’istituto delle dimissioni.
Musumeci probabilmente conosce e condivide il celebre aforisma di un grande e discusso politico del secolo scorso, Giulio Andreotti: “Non bisogna mai dare le dimissioni, perché potrebbero essere accettate”.

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