di Ambra Drago
Dalle estorsioni ad un centro scommesse di San Giuseppe Jato per poter mantenere le famiglie dei detenuti, all'espansione imprenditoriale nel settore edilizio, attraverso il conseguimento di diversi appalti, sia nella valle dello Jato che a Palermo ma non solo anche la cessione degli stupefacenti. Tutti questi elementi ricostruiti dai carabinieri nel periodo compreso tra il febbraio 2017 ed il novembre 2019,hanno portato all'esecuzione di dieci misure cautelari. In particolare si tratta di (8 in carcere, 1 domiciliare e 1 della sospensione dall’ufficio servizio) emessi dall’ufficio G.I.P. del Tribunale di Palermo. Le accuse, per sei dei quali vengono ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato , sono di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico. I carabinieri del gruppo di Monreale hanno ricostruito gli assetti e le dinamiche degli affari sul territorio di San Giuseppe Jato e San Cipirello all'indomani degli arresti di Ignazio Bruno e Vincenzo Simonetti. Il primo sarebbe il capo del mandamento mafioso diSan Giuseppe Jato e il secondo il suo autista.Secondo gli investigatori questi nonostante la detenzione avrebbero mantenuto rapporti con l'esterno. Le comunicazioni sarebbero avvenute con Calogero Alamia (nipote di nipote di Antonino Alamia, elemento di vertice della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato e già individuato quale ‘cassiere’ del mandamento mafioso, attualmente detenuto), cui viene contestato il ruolo di promotore dell’organizzazione dal luglio del 2018, e Maurizio Licari. In particolare Alamia avrebbe avuto l'autorevolezza nell'estate del 2018 di comporre dei dissidi all'interno del mandamento e avrebbe sollecitato gli associati a mantenere l’unità per non compromettere il potere della famiglia sul territorio.Gli altri indagati per associazione mafiosa, tutti in qualità di partecipi, sono Nicusor Tinjala , Giuseppe Bommarito , storico esponente di ‘Cosa Nostra’ e già condannato a 10 anni e 6 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso ed estorsione (sentenza divenuta irrevocabile nel 2006), ed i figli Calogero e Giuseppe Antonio Bommarito. Il provvedimento eseguito oggi colpisce anche Massimiliano Giangrande (al quale non viene però contestato il reato associativo). Infine, tra i destinatari del provvedimento cautelare eseguito vi è il già Comandante della Polizia Municipale di San Giuseppe Jato (oggi in pensione), al quale è stata applicata la misura della sospensione dall’ufficio o servizio.
A lui viene contestato di essersi introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’ACI per verificare l’intestatario della targa di un veicolo da cui erano stati scaricati rifiuti edili in un’area di quel centro monitorata da telecamere comunali. Nel dettaglio, il pubblico ufficiale avrebbe riferito, per sua iniziativa,l’esito dell’accertamento informatico svolto all’indagato Giuseppe Antonio Bommarito,consentendogli di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.
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