Dai supermercati alle ville, confisca da 100 milioni di euro a Giuseppe Ferdico il "re dei detersivi"

I militari del Nucleo di polizia economico- finanziaria di Palermo hanno eseguito un decreto di confisca (diventato irrevocabile con sentenza di Cassazione) nei confronti di Giuseppe Ferdico, imprenditore del settore del commercio dei detersivi. Il provvedimento ha colpito un patrimonio dal valore di cento milioni e composto da sei imprese, supermercati, conti correnti, sedici appartamenti e anche due ville lussuose, una a Tommaso Natale e l'altra a Sferracavallo.
L' imprenditore di 66 anni  è stato arrestato nel 2017 perchè ritenuto vicino alle famiglie mafiose dell'AcquaSanta e di San Lorenzo. Inoltre elementi sarebbero emersi dalle dichiarazioni di alcuni di numerosi collaboratori di giustizia, nonché dalle risultanze della corrispondenza sequestrata in occasione degli arresti dei boss Bernardo Provenzano, Salvatore Lo Piccolo.
Assolto nel primo grado di giudizio, Ferdico veniva condannato in appello alla pena di anni nove di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa (a seguito del ricorso in Cassazione, la Suprema Corte ha rinviato gli atti alla Corte d’Appello, che non si è ancora pronunciata).

Sulla base delle evidenze acquisite veniva quindi instaurato uno specifico procedimento di prevenzione nell’ambito del quale è stata ricostruita la “storia economico – finanziaria” dell’importante gruppo imprenditoriale nella disponibilità del Ferdico, leader in provincia di Palermo nel settore della grande distribuzione e dei prodotti per la casa e l’igiene. In particolare secondo le dichiarazione dei collaboratori, Ferdico: avrebbe utilizzato, nella gestione della sua attività di commercializzazione di detersivi, anche risorse finanziarie

di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss Salvatore, e di altri esponenti del mandamento di San Lorenzo;

- si sarebbe interposto nella titolarità di immobili ad uso commerciale, in realtà riferibili alla famiglia mafiosa di

Carini;

- avrebbe immesso nelle proprie società 400 milioni di lire riconducibili alla famiglia dell’Acquasanta;

- sarebbe stato, fin dagli albori della sua iniziativa imprenditoriale, “a disposizione” di “Cosa Nostra”, garantendo ritorni economici e assunzioni a familiari di uomini d’onore;

- grazie ai suoi rapporti con le articolazioni territoriali della mafia, avrebbe potuto espandersi economicamente nei territori da esse controllate.

Inoltre, all’atto dell’arresto di Provenzano e dei Lo Piccolo furono trovati dei “pizzini” il cui contenuto avrebbe avvalorato la contiguità di Ferdico con la mafia, a cui garantiva posti di lavoro e corrispondeva periodicamente ingenti somme di denaro a titolo di ripartizione degli utili.

"Gli approfondimenti economico - patrimoniali sottolineano dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo, hanno fatto emergere, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, l’immissione di capitali nelle aziende da parte del proposto e dei suoi familiari per valori sproporzionati

rispetto alle loro capacità reddituali dichiarate e uno sviluppo imprenditoriale significativo proprio nelle aree territoriali di riferimento delle famiglie mafiose ritenute “vicine”.

Già nel 2012 il Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione, facendo proprie le ricostruzioni effettuate dai finanzieri, ritenne ricorrenti gli elementi per considerare l’imprenditore soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso in ragione delle molteplici e radicate relazioni con esponenti di vertice dell’organizzazione e, per questo, dispose il sequestro dell’intero patrimonio.

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