Alla Via dei Librai il procuratore de Lucia: "Il 41 bis evita che chi comanda abbia contatti con l'esterno. Impegnati per risalire ai patrimoni illeciti, alla mafia va tolto tutto"

di Ambra Drago
Una comunità che si riunisce intorno al tema "Vecchia e nuova mafia: da Riina a Messina Denaro. E ora?. E' stato questo il tema dell'incontro avvenuto nell'area Isola di Robinson adibita in occasione della "Via dei Librai" moderato dal giornalista di giudiziaria della sede palermitana de La Repubblica, Salvo Palazzolo. Insieme a lui sul palco alla presenza di altrettanti relatori autorevoli, ovvero Lirio Abbate inviato e capo redattore de La Repubblica, Enrico Bellavia, caporedattore centrale de L'Espresso e il Procuratore di Palermo Maurizio de Lucia tornato nel capoluogo nell'ottobre 2022. Un'analisi, quella di un fenomeno, quello mafioso che non può che prendere le mosse dal 16 gennaio di quest'anno, data in cui i carabinieri, in particolare i Ros hanno arrestato il super latitante, Matteo Messina Denaro. E altrettanto facile immaginare l'emozione di quel giorno esordisce sin da subito il Procuratore Capo de Lucia e aggiunge :" Quella data segna indubbiamente un momento importante perché avevamo un ultimo latitante stragista ancora in giro e averlo catturato segna indubbiamente la fine di un periodo. Mi preme dire che finisce un periodo ma non finisce la mafia, ancora abbiamo segnali di fermento sul territorio". E essendo un incontro inserito all'interno di una manifestazione culturale, legata al mondo editoriale e in particolare dei libri con molta naturalezza vengono sviscerati diversi punto prendendo in prestito proprio alcune pubblicazioni. E' il caso del libro del 2009 dal titolo "Il Cappio" scritto proprio dal procuratore de Lucia e dal giornalista Enrico Bellavia. E si riflette se quella città che veniva raccontata, in quegli anni difficili esiste ancora.Bellavia racconta alla platea come Cosa nostra non é forte come un tempo ed è un'organizzazione diversa. E aggiunge una riflessione su a quanto accaduto intorno a Matteo Messina Denaro e a quella parte di comunità che inevitabilmente non poteva non sapere. A quel paese che ricorda un pò il passato . "Quel micro cosmo dice Bellavia racconta una Sicilia che abbiamo e con i quali dobbiamo fare i conti". Inevitabile non pensare aggiunge Bellavia al fatto che i mafiosi vicono le nostre comunità e che riguardo a Messia Denaro in due casi due sue donne sono insegnanti. " Che classe dirigente abbiamo selezionato si chiede Bellavia. Inevitabilmente accanto alla memoria c'é uno spaccato di antimafia di cui dobbiamo liberarci". Un altro tassello nell'analisi complessiva sulla mafia lo aggiunge Lirio Abbate nel libro "U' Siccu" dove c'é un verbale del commissariato di Castelvetrano riguardante Messina Denaro. Lirio Abbate sottolinea:" Prima di rispondere mi viene una considerazione. Sono trentuno anni dalle Stragi di Capaci e via D'Amelio e trent'anni dell'uccisione del beato Puglisi il cui ordine é stato dato da Giuseppe Graviano ancora oggi al 41 bis.E la riflessione su quanto accaduto a un prete come era Puglisi mi viene proprio guardando questa Cattedrale. In quegli anni eravamo tutti emotivamente toccati oggi i lenzuoli rimangono nei cassetti. Voglio dire che probabilmente i ricordi sbiadiscono in fretta. Il latitante che lo é stato per trent'anni é perché c'é una società compiacente o ci sono persone che si sono girate dall'altra parte. La mafia di oggi é complicata raccontarla e mi viene difficile da mostrare ai lettori. Se trent'anni fa grazie ai fotografi abbiamo raccontato il sangue nelle strade, oggi che c'é questa mafia latente, che si mescola come facciamo a sensibilizzare gli altri".
É vero non c'é la Cosa nostra delle Stragi ma certamente cerca di riorganizzarsi analizzano i vari relatori. " La mafia esiste da 160 anni sottolinea il Procuratore Capo de Lucia ma sappiamo che é una struttura elastica e si adegua ai cambiamenti. É un momento per lei complesso perché ha subito trent'anni di assedio da parte dello Stato ma c'é sempre l'esigenza di Cosa nostra di non rinunciare ai suoi valori. Lo scopo dello Stato é quello di impedire la sua riorganizzazione ma nessuno si illude che bastano le Forze dell'Ordine". Il procuratore de Lucia proprio il giorno dell'arresto in conferenza stampa alla Caserma Dalla Chiesa aveva parlato di "borghesia mafiosa" e allora Palazzolo chiede come è possibile nonostante i duri colpi inferti dallo Stato che una certa classe sociale faccia affari con Cosa nostra.
" Noi continuiamo nel corso delle nostre indagini, sottolinea il Procuratore Capo, gente che cerca la mafia invece dello Stato. Ci sono certamente le colpe dello Stato che deve assicurare sempre i diritti ma bisogna anche dire che questa "voglia di mafia" di molti si avvicina a una possibile configurazione di reato". La sensazione é che a Palermo non si denunci più incalza Palazzolo. La risposta di De Lucia non si fa attendere:" Senza la violenza di base non hai la Cosa nostra che incide. Il nostro lavoro é individuare reato per reato sottolinea de Lucia. Avere la consapevolezza che l'attacco dev'essere complessivo colpendolo ogni sua parte. Bisogna partire dal fatto per poi costruire il processo. Per questo occorrono momenti di riflessione e libri per sensibilizzare e stare vicino a quella parte di comunità che fortunatamente esiste che dice no alla mafia". E alla domanda sulla possibile rinascita della mafia stragista il giornalista Abbate conclude " La mafia stragista non c'è più però bisogna controllare le carceri. I corleonesi non comandano ma non bisogna dimenticare i loro patrimoni. Quindi é un' interrogativo importante". E " uno dei problemi delle strategie di contrasto alla mafia conclude il procuratore capo di Palermo de Lucia riguarda i patrimoni. Si diventa mafiosi per essere potenti e ricchi . Siamo consapevoli che alle mafie va tolto tutto ed é uno sforzo che la mia Procura porta avanti. Prima di venire a Palermo sono stato 5 anni a Messina dove la mafia veniva chiamata "dei pascoli" . Ebbene quel tipo di criminalità si basava sulla capacità di intercettare i finanziamenti europei e lo facevano coinvolgeranno le strutture pubbliche che dovevano gestirli. I patanesi e i tortoriciani si sono accordati. Niente droga ma altri progetti economici. Attenzione alla mafia anche fuori da Palermo. I capi delle mafie hanno comandato finché non è stato approvato il regime speciale del 41 bis. Non é una pena aggiuntiva ma nasce per evitare che si comunichi all'esterno. Non chiederei il regime speciale per un killer che ha fatto 100 omicidi che non sa perché ha sparato faccio un esempio a titolo esemplificativo ma andrebbe chiesto per un ottantenne che ragiona e detta ordini".





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