Morto stroncato dal tumore, Matteo Messina Denaro

di Ambra Drago

Il boss Matteo Messina Denaro catturato dopo 30 anni di latitanza dai carabinieri del Ros lo scorso 16 gennaio è morto in un reparto riservato ai detenuti dell' ospedale dell' Aquila. Da venerdì era stato dichiarato dai medici in coma irreversibile. Dopo la terapia del dolore gli era stata sospesa, sotto indicazioni mediche e come indicato da Denaro nel testamento biologico anche l' alimentazione.Il boss di 62 anni era ammalato da tre anni di un tumore al colon.
E questa patologia, dopo accurate indagini condotte dall' Arma sotto la guida del Procuratore Capo del Tribunale di Palermo De Lucia con i suoi sostituti procuratori, ne ha permesso la cattura lo scorso inverno proprio mentre si trovava per la chemio in una clinica palermitana. Da giorni il super latitante ricoverato in una stanza blindata del carcere dell' Aquila aveva rifiutato l' accanimento terapeutico. In particolare in questi ultimi giorni gli sono stati vicino la figlia
Lorenza Alagna avuta in latitanza e adesso riconosciuta. La ragazza, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale negli ultimi giorni. Matteo Messina Denaro per anni imprendibile si porta con sé tanti segreti. Non ha mai collaborato, subito dopo l' arresto disse che non si sarebbe mai pentito, di certo a lui sono riconducibili i più gravi fatti criminali avvenuti nel nostro Paese. Tra le tredici condanne all'ergastolo inflitte a 16 boss per la strage di Capaci c'è anche Matteo Messina Denaro. Nell'attentato del 23 maggio del 1992 morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Fu tra i mandanti della strage di via D'Amelio a Palermo, nella quale persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina: era il 19 luglio 1992. Ma non solo anche la strage di via dei Georgofili a Firenze avvenuta nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 nei pressi della Galleria degli Uffizi, nella quale morirono cinque persone in seguito all'esplosione di un'autobomba. Per la giustizia italiane è stato mandante anche della strage di via Palestro a Milano, avvenuta il 14 maggio 1993, quando un'autobomba uccise cinque persone. È sarebbe lui il mandante del rapimento del piccolo Di Matteo tenuto sequestrato per due anni e sciolto nell' acido. Rapito perchè il padre, Santino aveva iniziato a collaborare con la giustizia. Matteo Messina Denaro, legato ai corleonesi, in particolare a Riina a cui il padre Don Ciccio lo avrebbe "affidato" dopo che era diventato latitanti e a Bernardo Provenzano con cui intratteneva rapporti epistolari i famosi " pizzini" ritrovati nel casolare di Montagna dei Cavalli dove il castelvetranese si firmava " Tuo Alessio". Ma Messina Denaro era anche attento agli affari, amava viaggiare, vestirsi in modo curato e nascondeva il suo sguardo con i suoi immancabili occhiali da sole. Una vita vissuta nel tentativo di sfuggire alla cattura, si era reso latitante dal giugno del 1993 sino al 16 gennaio scorso quando il cerchio si è chiuso quella mattina a Palermo. Eppure "U' siccu" o "Diabolik" questi erano alcuni dei suoi soprannomi non è riuscito a sfuggire alla sentenza definitiva per ogni essere umano, alla morte.

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