Nessuno – oggi – si permetterebbe di tacciare come “melanconia”, la
depressione; né come “bizzarria umorale”, il bipolarismo. Ed è un segno positivo (fra i pochissimi) dell’epoca moderna: malanni che vanno affrontati e curati, alla stregua di una frattura o di un’allergia. Acciacchi dell’anima, esterni alla nostra condizione, esattamente come il diabete o l’ipertensione.
Va da sé che, una certa esagerazione, una certa moda, abbiano portato –
insieme a questa giustissima percezione – una dose consistente di esagerazioni, fraintendimenti e idiosincrasie: e lì, dove il troppo comincia a stroppiare, ecco che il grottesco prolifera. Il paradosso, il ridicolo, il vezzo ed il “tic” diventano cibo prelibato per la satira e l’ironia. In una parola, diventano
Teatro. Sin dai tempi di Moliere, l’affettazione della malattia, diventa uno specchio formidabile delle debolezze e delle derive antropologiche, che una società è chiamata ad attraversare. E tuttavia, giacchè ogni epoca è, nella sua sostanza interna, un’epoca unica e particolare, anche la nostra, presenta
elementi di assoluta novità. Il disturbo psicologico, il disagio di alcuni comportamenti, la patologia anche invalidante dalla quale germina il DOC, sembrano essere più che semplici mode. Sembrano (o sono) disperati tentativi di richiamo. Giganteschi specchietti per allodole. Camuffamenti della solitudine, che una condizione storica mai così spietata, trasforma in rapaci ferite del cuore. Ci salverà un bugiardino, dunque? Cinque gocce di un ansiolitico qualunque? Una seduta di terapia? Da soli o in gruppo? E ancora: cosa cerco in un terapeuta? Cerco un amico? Un prete? Il Maestro perduto in un’aula remota dell’infanzia? Un padre? Un genitore? Un Guru? Un influencer? Insomma, chi è il nostro misterioso DOC, super-galattico luminare dei disturbi ossessivo compulsivi? Al “Sollima”, lo si scoprirà insieme.
Il biglietto d'ingresso è di 5 euro.
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