"Un lembo di speranza" nel verseggiare di Maria Cristina Pensovecchio Di Franco

di Fabrizio G. Verruso

"Un mondo nuovo, senza anima né amore?": giammai, secondo Maria Cristina Pensovecchio Di Franco, che ha presentato nei giorni scorsi, a Palazzo Ziino, il suo ultimo libro di poesie "Un lembo di speranza" (edizioni Giuseppe Laterza). L'autrice, nata e cresciuta nel capoluogo, dove ha conseguito la laurea in Giurisprudenza e il titolo di Dottore di ricerca, nonché l'abilitazione all'esercizio della professione legale, è da anni affascinata dalla sua passione per la poesia e la scrittura narrativa (tra i numerosi riconoscimenti, anche il terzo posto in una sezione dedicata alla poesia nel Premio internazionale "Salvatore Quasimodo").
E' Valentina Bruno, giornalista, a introdurre l'ultima fatica editoriale di Maria Cristina Pensovecchio, alla presenza del pubblico intervenuto.
La sensazione personale condivisa dalla collega è quella che, nei versi di Maria Cristina, "la poesia si lascia vivere. L'identità di poetessa è nelle parole scritte in versi: un mare mutevole con dentro emozioni e racconti". Due suoi personali inviti alla lettura delle 39 poesie in raccolta: "Un'isola felice", persino (e vieppiù) nei momenti bui, piena di solidarietà e amore, e "Preziosi". Il titolo del libro lo svela la stessa Autrice in cui c'è il suo percorso personale (fatto anche di un'attività professionale presso la Pubblica amministrazione, da ultimo in Assemblea regionale siciliana, ndr), in una dimensione talvolta anche malinconica e che nondimeno lascia trasparire la beata speranza.
La professoressa Dorotea Matranga, critica letteraria, intervenuta ai lavori, nella sua analisi testuale, intercetta "la delicatezza e leggerezza che contraddistingue il suo essere stesso di poetessa", soffermandosi sulla copertina con il fonte battesimale in una mistura tra cielo, terra, fauna, flora. "Padronanza linguistica e classicità, insieme a un verseggiare maturo, con retorica eccellente, facendo ricorso alle tradizionali figure proprie di essa". E' rivolto alle piccole cose lo sguardo di Maria Cristina Pensovecchio. La carezza di un'onda, il suo evolvere verso la spiaggia come una danza. E poi la risacca. Due immagini complementari. "L'Autrice attenziona la Natura in tutte le sue sfaccettature - prosegue la professoressa Matranga - con la rimembranza verso l'antichità in cui il silenzio assapora gli istanti senza il fragore chiassoso dei tempi presenti". Quadretti assai singolari nei versi di quest'ultima raccolta. Uno assai caro all'Autrice è un vecchio cancello verso cui, con il padre, si portava avanti e, varcatolo, le era porto il limone appena raccolto "affinché anch'io mi inebriassi di quell'acre eppur dolce profumo". Sbalordita la professoressa Matranga "Nel fiore di loto" ove all'interno della poesia intravede la speranza dell'uomo e la sua rinascita. Con slanci verso l'infinito e il mondo religioso e, dunque, il tema del sacro. E "piantar nuovi fiori" a dispetto di "grandi feste del nulla". Saluti anche dall'assessore Giampiero Cannella, vicesindaco con delega alle politiche culturali del Comune di Palermo, che ringrazia l'autrice per aver coinvolto l'Amministrazione nella presentazione del suo nuovo volume, contribuendo alla cultura della Città. Infine, alcune considerazioni dell'autrice che vede nel mare "una cifra imprescindibile dell'animo umano" che finisce per essere esso stesso metafora della vita "ora come fascinazione sull'uomo con un potere seduttivo non indifferente, ora con le sue insidie misteriose. Un mare che nondimeno fa sognare: sognando nuovi approdi... mentre risuona in alto il grido dei gabbiani".

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