Forza Italia. Per Miccichè la vittoria è possibile Ma Parisi non entusiasma

Rigenerato da qualche giorno di riposo in una spa e ricaricato dal profumo delle grandi battaglie politiche che si combatteranno l’anno prossimo in Sicilia, Gianfranco Micciché si è rimesso al lavoro.
E nella prima convention a Palermo in cui tornava a sventolare orgoglioso la bandiera storica di Forza Italia è riuscito a raccogliere intorno a sé esponenti storici della prima ora (naturalmente tutti figli suoi, dall’affascinante Prestigiacomo all’autorevole Schifani a Tonino D’Alì), deputati nazionali (anche aspiranti sindaci di Palermo, come Scoma), deputati regionali , una pletora di amministratori locali, tanta gente che cercava di ritrovare entusiasmo politico.
Ci ha messo anche, grazie alla sua vulcanica fantasia, qualche imprenditore che è andato via o torna o sopravvive in Sicilia, malgrado tutto.
Un cocktail riuscito da offrire all’ospite d’onore della serata. Stefano Parisi, l’uomo che – malgrado la batosta personale di Milano – è stato unto dal Cavaliere per condurre l’armata brancaleone azzurra, prima all’unità (impresa improba) e quindi alla vittoria (impresa più facile, a patto di realizzare la precedente).
E sicuramente Parisi è sceso nell’isola dello scirocco (non glielo si è fatto mancare) per capire come mai qui la rissosità è ridotta, salvo le logiche schermaglie fra i partiti per ottenere più spazio nel momento di ricomporsi dietro al conductor del 61 a 0.
E ha sentito Micciché sul palco, nel suo ruolo migliore. Grande trascinatore e capace di acute intuizioni politiche (non per nulla “figlio” siciliano di Berlusconi ) generoso e informale (un limite purtroppo nelle istituzioni).
Ha carisma dialettico ereditario che gli permette di rammentare facilmente i grandi successi e farsi perdonare gli errori in alcune scelte di vertice (Presidenza della Regione , sindaci) e di alcuni collaboratori più stretti. Ed ha una voce che, venti anni dopo, si fa ancora ascoltare.
E, frutto forse della maturità, una generodità suadente ma convinta che doveva conquistare l’ospite d’onore dicendogli "Stefano, considera questa casa tua, una casa che ti fa vincere, siamo tutti con te. Certo ci sono anche quelli meno buoni, cacciamoli via. Io non ho paura della rottamazione, se io sono da rottamare fatelo, ma se ci sono capacità, aldilà dell’età anagrafica, vanno salvate. La grande forza di Fi è sempre stata in Sicilia e come noi non c’è nessuno in Italia. Questa classe dirigente ti chiede di prendere in mando questa bandiera . E tu hai le capacità per farci vincere”.

Sull’onda degli applausi è arrivato l’intervento di Parisi, incapace di scaldare malgrado il termometro della sala. Manager lucido e incisivo nelle analisi, generico nelle proposte, poco incline a condividere tutto di quanto ascoltato, riceve gli applausi di cortesia.
Rispetto per Berlusconi, unica opportunità, necessità del momento, chissà cosa si agitava dentro il petto dell’indomito Gianfranco “sangue caldo” a fronte di tanta frigidità da dover pubblicamente condividere.
Insomma si era già rimboccato le maniche sul palco in vista del lavoro di riaggregazione da fare con alleati, ex alleati, aspiranti alleati e quant’altro necessario a rafforzare le fila del centrodestra. Ma c’è un ulteriore fardello rappresentato da un vertice nazionale che non c’é.
E’ necessario che Berlusconi raccolga le residue forze e si faccia sentire, anche in videomessaggio, per sostenere il fronte siciliano e ancor più occorre che Micciché raccolga tutte le sue forze - da vero leader - per affrontare quella che si presenta - in casa sua - come la madre di tutte le battaglie.

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