Mafia, Giovanni Brusca resta in carcere, rigettati i domiciliari. Potrebbe tornare libero già nel 2021

di Ambra Drago
La Procura Nazionale Antimafia aveva detto sì: “E’ ravveduto”, mentre la Procura generale della Cassazione aveva ribattuto che no, doveva restare in cella.
La decisione è arrivata nella tarda serata di ieri. 
Giovanni Brusca, soprannominato "U Verru" (il porco) collaboratore di giustizia, catturato il 20 maggio del 96' a Cannatello, località agrigentina e su cui pendono centinaia di omicidi e condannato per la Strage di Capaci dove morirono il giudice Falcone,sua moglie, il magistrato Francesca Morvillo e gli "angeli della scorta", dovrà rimanere nel carcere di Rebibbia.
L'uomo che diede l'ordine di sciogliere il piccolo Giuseppe Di Matteo nell'acido, aveva chiesto tramite il suo avvocato Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti, di accedere alla misura degli arresti domiciliari, dopo che questi gli erano stati già negati nove volte dal 2002.
Dopo una lunga camera di consiglio, la prima sezione penale ha decretato che il boss di San Giuseppe Jato dovrà scontare la pena in carcere, anche se potrebbe tornare libero già nel 2021 perché ha uno ‘sconto’ di 270 giorni come previsto dal regolamento carcerario”, aveva  fin da subito spiegato l’avvocatessa Antonella Cassandro che ha firmato il ricorso all’Alta corte. 
Tuttavia duro è stato il commento di alcuni familiari delle vittime da Tina Montinaro ( moglie e vedova di Antonio, capocorda del giudice Falcone ucciso nella Strage di Capaci) che in un'intervista prima all'agenzia stampa AdnKronos e poi alla Tgr Sicilia si era detta indignata per il mancato rispetto nei confronti del dolore dei familiari. Tanta delusione e amarezza ha accompagnato questo pronunciamento e sulla vicenda è intervenuta  anche Maria Falcone (sorella del giudice).
"Con la sua decisione definitiva la Cassazione ha dato una risposta alla richiesta di giustizia- sottolinea Maria Falcone- dei tanti cittadini che continuano a vedere nella mafia uno dei peggiori nemici del nostro Paese", prosegue Maria Falcone. "Se si accetta che per un fine superiore vengano concessi benefici ai criminali che collaborano con lo Stato, resta però inaccettabile la concessione di sconti ulteriori a chi si è macchiato di delitti tanto efferati".

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