Quante parole occorrono per raccontare una vita? Se lo domandassimo ad Angela, giornalista “di pancia”, probabilmente vi chiederebbe quante battute abbia a disposizione, per poi pretenderne qualcuna in più perché la storia merita di essere raccontata per bene. Se dovessimo chiederlo a Paolo, si comporterebbe come sempre: schivo, indisponente, ne sputerebbe di arrabbiate, infarcite di parolacce inutili e vuote, senza crederci veramente e fino in fondo. Per Anna, invece, ne basterebbe una. Una soltanto.
“La cosa più importante che ho imparato è questa, e ho giurato a me stessa di non scordarla mai: le parole ci sono sempre, bisogna soltanto provare a dirle”.
È sulle parole che Daniela Tornatore con il suo primo romanzo dal titolo “L’ultimo ricordo” (Edizioni Leima, in libreria dal 6 febbraio) costruisce una storia densa di emozioni. È alle parole che chiede al lettore di prestare attenzione, più di quanto non faccia normalmente quando sta per iniziare a leggere un nuovo libro. È delle parole che ci chiede di prenderci cura ogni giorno, senza sceglierle a caso, senza servircene come se ci fosse sempre tempo per rimediare.
C’è più di una storia ne “L’ultimo ricordo”. Ci sono personaggi che diventano racconti, ci sono voglia di verità e di informazione, ci sono unioni che sopravvivono e legami recisi, c’è il bisogno di portare alla luce chi spesso viene relegato nell’ombra. Ci sono Anna, Paolo e Angela e dopo aver letto cosa li tiene insieme vi sembrerà di tornare a respirare dopo aver trattenuto a lungo il fiato.
Con uno stile ricco ma mai forzato, Daniela Tornatore ne “L’ultimo ricordo” ci regala una storia travolgente, che cattura sin dalle prime battute, e trascina il lettore in un’altalena emotiva che sarà difficile dimenticare.
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