Maxi operazione antimafia a Messina: 33 arresti, tra questi c'è Lo Duca tornato a comandare dopo 13 anni di carcere

E' scattata alle prime luci dell'alba una maxi operazione congiunta tra A Messina un'operazione congiunta antimafia di carabinieri, guardia di finanza e polizia ha portato all'arresto di 33 persone. Il provvedimento cautelare in particolare ha disposto la custodia cautelare in carcere per 21 persone, gli arresti domiciliari per 10 persone e l’obbligo di presentazione alla P.G. per 2 persone,Le persone arrestate sono accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.Al centro dell'inchiesta il clan radicato nel quartiere Maregrosso e guidato da Giovanni De Luca, che dopo 13 anni in carcere è tornato a fare il boss. Le indagini, avviate dopo la scarcerazione di Lo Duca, hanno accertato che il capomafia aveva riassunto le redini dell'organizzazione.I carabinieri si sarebbero soffermati sulla metodologia usata dal clan per operare un controllo sempre più pressante del territorio garantito  attraverso il sistematico ricorso alle minacce e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive. Base operativa era il bar "Pino" gestito da Anna Lo Duca, sorella del capomafia che trascorreva le sue giornate nel locale e lì incontrava gli altri esponenti mafiosi per pianificare estorsioni e scommesse sportive anche per conto di un allibratore straniero. Il bar è stato sequestrato.Mentre gli sviluppi investigativi portati avanti dalla Guardia di Finanza hanno colpito le attività del gruppo criminale con al vertice Salvatore Sparacio, nel rione "Fondo Pugliatti", documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa del settore del gioco e delle scommesse. Infine dalle indagini sarebbe emerso che un aspirante consigliere comunale, candidato alle elezioni del Comune di Messina nel 2018, pagò una somma di 10mila euro a Salvatore Sparacio, boss arrestato nel blitz di oggi. Il candidato, risultato poi non eletto nell'assise cittadina, avrebbe pagato il boss in cambio di voti, per la propria scalata elettorale. L'accordo secondo quanto ricostruito dagli investigatori ha fruttato 350 voti all'aspirante consigliere comunale.

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