Sequestro di beni da 600mila euro a Scimò e Di Marzo ritenuti organici a Cosa nostra

di Ambra Drago
Su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica di Palermo e del Questore è scattato un sequestro di beni nei  confronti di Luigi Scimò e di Pietro Di Marzo. Il provvedimento ha colpito una società di Palermo del settore delle onoranze funebri; il 50 per cento di un'altra società dello stesso settore ma società di Bagheria, e ancora due autoveicoli di grossa cilindrata, il tutto per un valore complessivo pari a circa 600.000,00 euro.La pericolosità sociale di entrambi i soggetti, appartenenti alla consorteria mafiosa cosa nostra, era già emersa dalle attività di indagine della Squadra Mobile di Palermo, nell’ambito dell’operazione denominata “Maredolce 2”, confluita nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa il 26 giugno 2019 , eseguite il 2 luglio 
e che aveva avuto come obiettivo quello del contrasto di “cosa nostra” nel territorio di Brancaccio.

In particolare, nell’ordinanza era già emerso il ruolo centrale di Scimò nell’ambito della famiglia mafiosa di “Corso dei Mille”, in quanto ritenuto promotore e organizzatore delle attività illecite di natura economica nel territorio. In particolare si trattava della gestione del traffico di “Tabacchi Lavorati Esteri” e di sostanze stupefacenti, nonché la gestione, anche per interposta persona, di imprese che si occupavano della distribuzione delle mini slot.

Anche il ruolo di DI Marzo, genero di SCIMÒ, era venuto fuori come persona perfettamente inserito nelle logiche criminali di “cosa nostra” che si sarebbe messo a disposizione del sodalizio mafioso di cui sarebbe stato organico. Secondo le indagini avrebbe curato gli incontri del suocero con altri rappresentanti di vertice delle altre famiglie mafiose palermitane nonché per aver ricoperto, per conto del sodalizio criminale di appartenenza, un importante ruolo nella gestione del traffico degli stupefacenti con le organizzazioni criminali presenti nel territorio calabrese.

Tutti questi elementi hanno portato ad effettuare anche delle indagini patrimoniali a tutto campo, ovvero anche sui nuclei familiari, accertando una sproporzione economica tra gli acquisti effettuati ed i redditi percepiti, e ciò deriverebbe dall'utilizzo di risorse finanziarie di natura illecita.

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